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Roma Pride riunione 10 marzo 2012

  

romapride
Al via l'organizzazione del Roma Pride 2012. Numerosi e varii gli interventi che ospitiamo in questo spazio.




dammenamano


Roma Pride 2012, alla ricerca di una soluzione 
a cura di Marinella Zetti

Come tutti ben sappiamo il Pride romano è molto importante, per certi aspetti, equivalenti al Nazionale, per questo Pianeta Queer ha deciso di pubblicare uno Speciale dedicato alla riunione di sabato 10 marzo, e più i n generale, alle riflessioni sul Roma Pride 2012. 

Come è nostra consuetudine, pubblicheremo tutti gli interventi che ci perverranno affinchè chi non ha potuto partecipare alla riunione possa leggere, farsi un'idea e, magari, decidere di prendere parte ai prossimi incontri. 

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• -- GLI ORGANIZZATORI DELLA RIUNIONE   leggi tutto ==» 
• -- IL COMUNICATO DEL MARIO MIELI   leggi tutto ==» 
• -- IL COMMENTO DI EUGENIA MILOZZI   leggi tutto ==» 
• -- IL COMMENTO DI RICCARDO CAMILLERI   leggi tutto ==»  
• -- IL COMMENTO DI MAURO CIOFFARI   leggi tutto ==» 
• -- IL COMMENTO DI LUCA POSSENTI   leggi tutto ==» 
• -- IL COMMENTO DI ROBERTO STOCCO   leggi tutto ==» 
• -- IL COMMENTO DI LUCKY AMATO   leggi tutto ==» 
• -- IL COMMENTO DI GUIDO ALLEGREZZA    leggi tutto==» 
• -- IL COMMENTO DI GIUSEPPE PECCE    leggi tutto==» 

 

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GLI ORGANIZZATORI DELLA RIUNIONE
Il seguente testo è stato diffuso a nome di:
Arcigay Roma 
ArciLesbica Roma 
Azione Trans 
Di’ Gay Project
Gay Center
Gay Lib 
(n.d.r.)
n

Roma Pride 2012: 
condivisione, partecipazione, trasparenza
Più di un mese fa siamo partiti dalla necessità di avviare le attività per il Roma Pride 2012 in uno spirito di condivisione, collaborazione e trasparenza, con l’intenzione di confrontarci con tutte le realtà che fossero animate dai medesimi principi. 

Consapevoli della necessità di costruire un Pride plurale, all'altezza dell'indiscutibile ruolo che Roma come Capitale ha nel panorama politico, sociale e culturale italiano, abbiamo “messo sul piatto” tutta la nostra disponibilità, arrivando anche a soddisfare la pregiudiziale ideologica contro il Coordinamento Roma Pride, che abbiamo sciolto. L'intento è sempre stato quello della realizzazione di un Pride aperto, capace di unire il pragmatismo organizzativo con lo 
spirito di Stonewall che è alla base di tutte le nostre battaglie, con proposte di cambiamento che incidano profondamente nella società. Condivisione, partecipazione, trasparenza, rispetto reciproco: questo è il modello di Pride nel quale crediamo, come evento al culmine di un percorso lungo un anno.
Un Pride fatto con tutte e con tutti, per tutte e per tutti. 

Su tale percorso, peraltro ritagliato sulle esperienze che vivono le altre città italiane ed europee , ispirato alla realtà del costituendo coordinamento nazionale Pride, si è, dopo gli ultimi infruttuosi incontri, materializzato uno stallo. 

Nelle assemblee finora tenute abbiamo assistito a episodi di violenza verbale, di sopraffazione e intemperanze diffuse, irrispettose del luogo, delle persone presenti e dell'impegno appassionato di molte e di molti. Si è arrivati a dichiarare apertamente una diffusa mancanza di fiducia reciproca e assenza di riconoscimento reciproco.
A fronte della proposta di lavorare in trasparenza e separando i piani dell'elaborazione politica da quelli della mera operatività, si è preferito contrapporre dinamiche di ostruzionismo che hanno ingessato le riunioni in discussioni interminabili, capziose ed inconcludenti, nelle quali si dissolvono la chiarezza dei ruoli e soprattutto le responsabilità. 
In controtendenza rispetto alle esperienze nazionali, si sono proposti modelli confusionali che oscillano tra assemblee permanenti non rappresentative e modelli di ispirazione aziendale fondati su improbabili business plan. 

Ad un tratto, si è addirittura avanzata la proposta per la quale chi ha i soldi decide tutto, escludendo tutti gli altri. Non stupisce che questa idea sia stata avanzata proprio da chi, nonostante ripetuti inviti, non ha mai resi noti i dati di bilancio dei Pride organizzati negli anni scorsi, dei quali non è noto quanti e quali fondi pubblici siano stati ricevuti dalle istituzioni e raccolti dalle iniziative di finanziamento, per tutta la comunità Lgbtqi. 
Basta ad assemblee surreali che consentono a frange minoritarie del movimento di occupare gli spazi di dialogo dietro il velo della democrazia e che di fatto tengono in ostaggio tutta la comunità Lgbtqi di roma. 
Basta all’assoluta incoerenza di soggetti che si proclamano orgogliosamente di sinistra e che portano avanti pratiche profondamente antidemocratiche. 
Basta all'occupazione politica del movimento da parte di chi attua pratiche di clientela e di affarismo spiccio, svuotando le associazioni stesse della loro rappresentatività e del loro ruolo politico. 
Rigettiamo questo approccio e la mancanza di rispetto delle più elementari regole di azione comune, e non intendiamo più legittimare ulteriori incontri in cui si ricercano e si riproducono dinamiche analoghe a quelle vissute nelle ultime riunioni. 

Per noi è diventato essenziale ricollocare al centro dell'azione politica la comunità Lgbtqi e puntare all'ottenimento di risultati concreti e tangibili, definendo interventi prioritari e condivisi sui quali puntare tutta la passione, le energie e le risorse di creatività e intelligenza collettiva che la nostra comunità ha saputo esprimere in passato e che deve avere il coraggio di recuperare.

Su questo percorso il Pride si può inserire come momento di sintesi portatore di veri contenuti politici, priorità di interventi e proposte sfidanti per la politica e le istituzioni e che non sia solo autocelebrazione. Un'iniziativa condivisa e partecipata che punti a conquistare diritti e non sia prigioniero di visioni anacronistiche, limitate, settarie ed escludenti. 
Riteniamo inaccettabile, irresponsabile e pericolosa la diffusione di voci su l’ipotesi di realizzare due Pride a Roma. Il Roma Pride è uno e il senso di responsabilità di tutte e di tutti deve prevalere. 
 

Le nostre associazioni partecipano a tutti i Pride, perché non ci appartengono le pratiche di boicottaggio che hanno caratterizzato il Roma Pride 2010, episodio che non ha precedenti nella nostra storia e di cui i fautori portano il peso e la responsabilità e per i quali tutto il movimento attende ancora un chiarimento. 
L’unico Pride in cui ci riconosciamo è libero, democratico, pacifico trasparente e condiviso, e supera la logica "carsica” di un movimento che scorre nelle vie e nelle piazze una volta all'anno, per poi finire con un “rompete le righe” che lo fa ripiombare in un silenzio imbarazzante per i successivi 12 mesi. 
Per noi il dialogo continua e va avanti con tutte le associazioni e le realtà che intendono affermare queste pratiche e questi valori e condividono la necessità di lasciarsi alle spalle inutili polemiche, come ampiamente richiesto in questi anni.

 

Arcigay Roma 
ArciLesbica Roma 
Azione Trans 
Di’ Gay Project
Gay Center 
GayLib

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IL COMUNICATO DEL MARIO MIELI
Il seguente testo è stato diffuso a nome del:
Circolo di cultura omosessuale
Mario Mieli

(n.d.r.)

Sabato scorso si è registrato l’ennesimo strappo nel movimento Lgbtqi romano. Strappo al buon senso e al rispetto minimo delle regole di condivisione.

E’ stata una riunione lunga e complessa in cui si è tentato di riannodare il filo di un dialogo interrotto provando a individuare dei possibili percorsi condivisi verso il Roma Pride 2012.

Nonostante strappi violenti di qualcuno e le evidenti difficoltà politiche e tecniche a mettere insieme realtà molto diverse e a ricostruire un minimo di fiducia, si era giunti a delle prime conclusioni: la decisione di riconvocare un’ altra Assemblea il 22 marzo prossimo alle 18.00 con lo scopo di decidere concretamente insieme i contenuti politici e operativi, nonchè le esigenze tecniche di massima del prossimo Pride in modo da individuare criteri, compiti e costi dell’organizzazione pratica e quindi le realtà più idonee che se ne volessero far carico.

Su questo l’Assemblea si era chiusa. Ma il gruppo delle associazioni già facenti parte del disciolto Coordinamento Roma Pride (Arcigay Roma, Arcilesbica Roma, Azione Trans, Di’GayProject, Gay Center, GayLib) dopo una riunione di corridoio e rientrando nella sala mezza vuota annunciava agli sbigottiti partecipanti ancora presenti la non volontà di proseguire su quanto si era concordato fino a qualche minuto prima e di ricostituirsi immediatamente in un coordinamento Roma Pride per andare avanti da soli o con chi si volesse unire a loro.

Un tentativo di colpo di mano, che svela il bluff del dialogo sbandierato precedentemente e i metodi discutibili con cui alcuni pensano di volere imporre le loro regole a tutto il movimento, appropriandosi del Pride.

Il Pride è e deve restare di tutti e soprattutto coerente col suo portato di liberazione sessuale e rivendicazione politica dei diritti, della dignità e dei vissuti, che mal si conciliano con metodi e pratiche politiche di sapore egemonico.

L’unità del movimento è importante ma non può prescindere dalla condivisione di valori minimi fondanti e dal rispetto reciproco.

Per questi motivi e rispettando quel che si era concordato a chiusura dell’Assemblea, il Mieli intende continuare il percorso iniziato insieme e sarà presente il giorno 22 marzo alle ore 18.00 presso la sede offerta dalla CGIL con tutte le realtà lgbtqi che vorranno proseguire con serietà e rispetto reciproco la costruzione del Roma Pride 2012.

Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli

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IL COMMENTO DI EUGENIA MILOZZI
Il seguente testo è stato scritto da: 
Eugenia Milozzi, Presidente ArciLesbica Roma
(n.d.r.)

Vorrei introdurre brevemente il documento che segue e che porta anche la firma del nostro circolo.

Questo è, per quanto ci riguarda, l’ultimo atto di una faticosa e scoraggiante ricerca di unità di intenti che si è cercata di attuare tra le associazioni operanti sul territorio romano, al fine di costruire, tutte/i insieme, un Pride più condiviso, partecipato e trasparente, senza escludere realtà con percorsi politici differenti, ma comunque contrari a gestioni monopolistiche di tali manifestazioni.

Questo ci ha portato a prendere parte ad incontri che si sono trasformati in assemblee infinite, totalmente sterili di contenuti, dove la violenza verbale e non, dei più, impedivano un raggiungimento civile della già ardua impresa che ci eravamo prefissati. Chi conosce lo scenario romano associativo può facilmente immaginare quante e quali possano essere state le forze e gli interessi schierati in campo, atti a screditare qualsiasi tentativo di trasparenza e condivisione di contenuti.

Concludo dicendo che noi saremo sempre nelle piazze, per le strade, non abbiamo mai pensato di boicottare un Pride e mai lo faremo, pensiamo che il potere civile e sociale, intrinseco a manifestazioni del genere, superi di gran lunga giochi di potere e corse per il primo posto. Ad oggi nella nostra città vengono meno i requisiti necessari per la costruzione di un percorso organizzativo comune, intendiamo quindi investire le nostre energie in iniziative realmente mirate alla lotta per i diritti e all'emancipazione della nostra comunità.

Rimaniamo comunque disponibili per ogni delucidazione sul tema.

Eugenia Milozzi, Presidente ArciLesbica Roma 
(Comunicazione inviata alle socie ArciLesbica)

 
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IL COMMENTO DI RICCARDO CAMILLERI seguente testo è stato scritto da: Riccardo Camilleri (n.d.r.)

NON POSSUMUS 
[ovvero degenerazione di parte del movimento Lgbtqi romano]
è lungo, ma forse a qualcuno piacerà.

Riflessioni personalissime sullo stato dell’arte dopo l’ultima riunione del movimento Lgbtqi romano per parlare del Roma Pride 2012 ( mi si perdoni il plurale maiestatis, ma per amor di citazione...Intitolarlo “tanto tuonò che piovve”, mi sembrava dare troppo adito ai miei sospetti e alla mia dietrologia; “Tanto va la gatta al lardo”… beh non mi sembrava carino e basta…).

Possiamo anche passare sopra al fatto che due anni fa qualcuno ha voluto mischiare le carte, escludere alcune realtà e realizzare un Pride romano politicamente vuoto, formalmente comodo per un'amministrazione ostile e numericamente imbarazzante.
Possiamo anche dire che l’anno scorso nessuna associazione del Coordinamento Roma Pride ha volto muovere mezzo dito per l’Europride per poi rilasciare interviste e applaudire la signora Germanotta (nonchè inviare un'imbarazzante lettera all’Epoa - organismo che assegna il marchio Europride - accolta da una sonora risata).
Si può passare sopra al fatto si sia cercata l’unità di facciata in tutti i modi perchè non si possa fare altrimenti. Quello di quest’anno è l’ultimo Pride prima delle elezioni politiche e delle amministrative a Roma, essere nell’organizzazione pone una importante ipoteca per chi fa dell’associazionismo e delle questioni Lgbtqi il volano per carriere e potere politico.

Non possiamo, però, accettare che l’impegno e la buona fede di decine di persone che si sono recati in un’assemblea pubblica, cercando di superare le proprie diffidenze e differenza, sia gettato alle ortiche da una persona violenta e da blitz dal profumo fascista messi in atto, come nella migliore tradizione, all’ultimo, alla presenza di pochi e con decisioni comunicate e non discusse.
Con ordine: il Coordinamento Roma Pride 2012, unilateralmente e arrogantemente nato nel 2010, ha, a questo punto possiamo dire con una mossa di facciata, accettato di sciogliersi come conditio sine qua non per riavviare un dialogo costruttivo, un discorso comunitario e un ragionamento condiviso che partisse dal Roma Pride 2012, fino ad arrivare, magari, alla costituzione di un soggetto unitario anche nella capitale, sull’esempio del Torino Pride.
Ma come giustamente ha qualcuno ricordato durante la riunione, il diavolo sta nei dettagli.
E dunque, quali erano le proposte in campo?
La prima, espressa da Guido Allegrezza, che come ha più volte ricordato sulla rete in questi giorni, ha parlato in rappresentanza di se stesso, libero da lacci e lacciuoli di ruoli vari (pensa, io le chiamo ancora responsabilità), che ha più volte espresso la volontà di guardare al futuro e superare il passato, salvo poi rinominarlo e considerarlo ogni due o tre passaggi nei suoi interventi: Costituire un comitato, legalmente riconosciuto (qualcuno qua c’ha il fratello notaio o forti sconti sugli atti notarili?) di poche realtà che possano coprire economicamente i costi del Pride, che avesse in mano il boccino delle decisioni tecniche e che si sarebbero rapportate con una non meglio definita assemblea politica che invece avrebbe potuto comprendere tutte le realtà associative. Tre osservazioni, una palesata dallo stesso proponente:


- Le tre realtà proposte sono DGP, Arigay Roma, Mario Mieli ( nota positiva di ieri è che pubblicamente si è arrivati a dire che nessuno si fida di nessuno! Viva la faccia!). Come e su cosa avrebbero dovuto coordinarsi ancora non mi è chiaro.
- La metodologia ricorda quella del Pride 2010: le associazioni che finanziano decidono tutto, agli altri lasciamo il giochetto del documento politico e bla bla bla. Risultato, per cui personalmente ho abbandonato quell’esperienza, è stato che DGP e Arcigay Roma hanno creato un Pride sottotono, con un percorso isolato e invisibile alla città e quindi comodo per l’amministrazione Alemanno, nessuna delle indicazioni date dai gruppi di lavoro creati, mi sembra, sia stata considerata o realizzata.
- La proposta benché superata quasi subito dal dibattito, è stata più volte reiterata, tale e quale, nel pomeriggio. Insomma quella era e quella doveva passare.


Vero è che le altre due fossero certamente meno strutturate perché nate, realmente, dal dibattito e dal confronto sul posto, ma era o no quello lo scopo della riunione?
Una prevede la creazione di un’assemblea allargata e permanente che discuta e decida insieme la conduzione e realizzazione del Pride.
L’altra prevede che oltre alle “grandi” realtà, compongano il comitato tecnico anche altre realtà, portando in dote o la loro ‘forza’ di coinvolgimento e di lavoro sul territorio con i volontari, oppure una piccolissima quota di ingresso, anche solo mille euro. Questa soluzione che potrebbe sembrare più democratica e allargare la capacità decisionale anche a realtà piccole o non costituite stabilmente, crea un problema reale ex post, ovvero, se tutti mettono mille euro per costituire questo comitato e le cifre di un Pride in tempo di crisi, a Roma, si aggirano sui 50-60 mila, a consuntivo, chi copre la cifra restante?
E mentre l’assemblea si stava muovendo verso una delle ultime due soluzioni, superando nettamente la prima proposta (quella di uno dei componenti dell’ex Coordinamento Roma Pride 2012) avvengono due fatti, uno che turba e l’altro che pregiudica, smascherando certi comportamenti, l’assemblea e il percorso intrapreso con tanta difficoltà.
Essendo uscito un secondo e trovandomi sulla soglia della piccola e affollatissima sala concessa dalla CGIL, posso solo raccontare quello che ho solo in parte ho sentito e visto: Lucky Amato ha iniziato il suo intervento dicendo ad alcuni rappresentanti e a una parte dell’assemblea che con loro non poteva proprio lavorarci, sottolineando con arroganza quanto lui e loro fossero diversi. A queste eleganti premesse di collaborazione, segue un gesto violento (non per la sua concretezza): Lucky scaglia contro uno dei partecipanti una bottiglietta di acqua semi vuota, con corollario di ingiurie e minacce. Questo ovviamente turba tutto il clima, inficia con arroganza, presunzione e violenza, ribadisco, il lavoro di decine di persone che da tutto il pomeriggio stavano cercando di trovare una quadra e una soluzione per avviare un percorso comune. La mancanza di dialettica e di interesse democratico, l’incapacità al dialogo e alla costruzione condivisa sono sfociati in un gesto che ha palesato e chiarito i metodi di lavoro di certe persone e di quei gruppi associativi e politici che quelle persone legittimano e accolgono a certi tavoli.
Le scene concitate che seguono e l’indignazione della maggior parte dei partecipanti nonché la volontà di abbandonare i lavori, però, non sono le ultime scene di una degradante riunione del movimento.
La degenerazione arriva pochi minuti dopo che i componenti dell’ex Comitato Roma Pride 2012, constata l’impossibilità alla prosecuzione dell’assemblea, hanno chiesto ai referenti CGIL la possibilità di una nuova data per aggiornare l’assemblea e Fabrizio Marrazzo ha comunicato nuova data, orario e luogo, decretando, quindi, a ragion di logica, la chiusura dei lavori.

È stato a quel punto che il gruppo dell’ex CRP2012, in un blitz finale, dopo aver rilevato l’impossibilità di imporre la propria linea (ricordate le proposte?) e vedendo che l’assemblea si avviava davvero verso un percorso condiviso e collegiale, che non avrebbe assicurato il controllo sulle decisioni a nessuno in particolare, ma tutti in maniera diffusa, ha ritenuto di comunicare, a una sala semi vuota, la ricostituzione del COORDINAMENTO ROMA PRIDE 2012 (e credo anche il forum di cui era responsabile il lanciatore di bottiglie), assumendosi la responsabilità politica di far saltare il tavolo e l’assemblea, che, ricordo, era nata azzerando i percorsi precedenti e dopo lo scioglimento formale del suddetto coordinamento.
Credo che le mie riflessioni siano, inevitabilmente, contenute nella cronaca degli eventi. Ogni racconto è parziale ed esprime un punto di vista, ma stavolta non ho nemmeno tentato di essere moderato come mio solito.
Emergono chiaramente da questi episodi, oltre i metodi e le idee diverse di democrazia e partecipazione che esistono nel movimento Lgbtqi romano, le responsabilità di chi pregiudica un percorso (dopo aver ipocritamente cercato una congiuntura di facciata) e chi ha dato agibilità politica all’espressione di certi soggetti ormai divenuti difficilmente qualificabili.

Cosa succederà a Roma? Pur amando l’unità e la condivisione, credo che ad oggi una rottura sia inevitabile, oggi che sono più chiare ed evidenti, e meno sotterranee, le motivazioni. Due Pride? Esempio disarmante e umiliante, ma forse, così, si capirebbe chi appoggia chi, chi si fa rappresentare da chi, chi appoggia un Pride nato dalla prevaricazione e chi segue quello della partecipazione.

Noi non possiamo condividere percorsi, prima che con certa gente, con certi metodi.
Riccardo Camilleri

(tratto dal Blog di R.C.)


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IL COMMENTO DI MAURO CIOFFARI
Il seguente testo è stato scritto da: 
Mauro Cioffari, Presidente Associazione Corale Roma Rainbow Choir 
(n.d.r.)


L’Associazione Corale Roma Rainbow Choir condanna la violenza verbale e fisica all’interno del Movimento GLBTIQ e stigmatizza il doppiogiochismo.

Sabato 10 Marzo 2012 l’Associazione Corale Roma Rainbow Choir ha partecipato, assieme a gruppi, movimenti, associazioni e singoli interessati alla riunione che avrebbe dovuto avviare il percorso per l’organizzazione di un Roma Pride 2012 unitario e condiviso.

Durante l’incontro, cadenzato da offese e insulti rivolti a singoli ed associazioni, il Maestro e Direttore Artistico della nostra Associazione, Giuseppe Pecce, è stato oggetto di aggressioni verbali e fisiche. A lui va tutta la nostra solidarietà e la nostra stima. Ai violenti la nostra condanna.

La violenza è grave in sé, sempre. Insultare e sopraffare chi non la pensa come noi, e rivendicare questo atteggiamento con orgoglio, è semplice reiterazione di un codice maschilista, fascista e “muscolare” dal quale prendiamo fermamente le distanze.

La violenza, praticata e rivendicata all’interno del Movimento GLBTIQ, è qualcosa di infinitamente illiberale e pone i soggetti che la esercitano fuori dal Movimento stesso.

E’ per questi motivi che riteniamo insufficiente l’allontanamento delle persone violente dalle nostre riunioni. Riteniamo doveroso, da parte di tutte e tutti, una condanna ferma e puntuale di chi vuole introdurre, all’interno delle nostre pratiche, la violenza machista e la sopraffazione fascista.

L’assemblea, nonostante gli episodi descritti, le tensioni interne e la complessità delle posizioni, si è conclusa con la decisione di convocare un’altra riunione del Movimento GLBTIQ per Giovedì 22 Marzo.

Obiettivo dichiarato e condiviso quello di decidere i contenuti politici, chiarire gli aspetti più pratici, cominciare a valutare i costi ed individuare le realtà che si sarebbero fatte carico dell’aspetto organizzativo.

Rientrando nella sala messa a disposizione dalla CGIL, ormai mezza vuota, Arcigay Roma, Arcilesbica Roma, Azione Trans, Di’GayProject, Gay Center e GayLib, associazioni già facenti parte del disciolto Coordinamento Roma Pride, informavano i pochi rimasti, della loro scelta di non voler proseguire su quanto deciso e concordato tutti insieme, fino a pochi minuti prima, e di voler ricostituirsi in un Coordinamento Roma Pride per andare avanti con chi si volesse unire a loro o, in alternativa, anche da soli.

Una scelta che rende nulle le dichiarazioni di dialogo e di volontà di condivisione e di partecipazione.

Voler imporre in maniera non democratica le proprie regole e la propria egemonia a tutto il Movimento, svela, di fatto, il tentativo di voler appropriarsi del Pride, della visibilità che questo evento comporta e della legittimità che la realizzazione dello stesso porterebbe agli organizzatori nei confronti delle istituzioni coinvolte (Comune, Provincia, Regione) a ridosso delle prossime scadenze elettorali.

Consideriamo il Pride un evento del Movimento e della Comunità tutta, uno strumento di rivendicazione di diritti, di emancipazione e di liberazione e proprio per questo stigmatizziamo, oltre alla violenza praticata e minacciata, il doppiogiochismo, le ambiguità e l’ipocrisia di chi vuole utilizzare questo strumento per altri scopi.

Continueremo, pertanto, a denunciare il tentativo di appropriarsi di questo strumento per fini che nulla hanno a che vedere con la liberazione e l’emancipazione delle persone GLBTIQ.

Per questi motivi saremo presenti Giovedì 22, alle ore 18.00, presso la sede della CGIL, con chi vorrà proseguire alla costruzione e condivisione del Roma Pride 2012.

Mauro Cioffari,
Presidente Associazione Corale Roma Rainbow Choir


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IL COMMENTO DI LUCA POSSENTI
Il seguente testo è stato scritto da: 
Luca Possenti, 
Famiglie Arcobaleno 

(n.d.r.)

La convocazione della prima riunione, cui ha fatto seguito la promessa (disattesa) di uno scioglimento del tanto contestato Coordinamento Roma Pride 2010, aveva fatto ben sperare (o almeno abbiamo voluto crederci). Personalmente non ho condiviso la scelta dei vostri oppositori maggiori che, inizialmente malfidati, non hanno partecipato alla prima riunione. Ma erano chiare le dinamiche di diffidenza. E quello della poca fiducia tra le associazioni è un punto che è stato ben sviscerato (almeno questo!) durante le tre riunioni.

Una volta riconosciuto ciò, il passo successivo era quello di trovare un punto d'incontro per un dialogo. E questo è quello che (molto) lentamente si stava cercando. Grazie anche, ammettiamolo, al lavoro di Marco Belfiore che nelle prime due riunioni è parso davvero l'unico a svolgere un paziente ruolo di mediatore.

Ma anni di guerra non possono cancellarsi magicamente in poche ore, la fiducia deve essere riconquistata col tempo da entrambe le parti, un passo indietro e uno di lato, un minuetto da ballarsi vicini, stando attenti a non farsi pestare i piedi. E' quello che da voi è stato scambiato per ostruzionismo. E' triste che la lotta per i diritti debba seguire queste dinamiche, concordo, ma è così: i rapporti sono, se non inesistenti, direi logori ed è inutile nascondersi dietro un dito; quel giro di valzer era l'unico modo per andare avanti in questo momento, annusarsi reciprocamente per capire chi si ha davanti e come reagire.

Durante la terza difficile riunione, quella di sabato scorso, si stava però finalmente delineando una volontà più o meno comune di camminare insieme. Era da decidere ancora la struttura definitiva, ma le basi sembravano essere state poste.

E' del tutto falso che sia stata avanzata la proposta per cui solo chi ha i soldi organizza il Pride. Una proposta simile, ma non espressa in questi termini, è stata avanzata proprio dal sottoscritto, che però faceva riferimento non solo alle possibilità economiche delle associazioni, ma alle risorse in generale, alla presenza di una sede e alla disponibilità di gente che in quelle associazioni ci lavora e può dedicare tempo ed energie all'organizzazione pratica di un Pride. Ripeto: è fuori discussione che i contenuti di un Pride (che non si riassumono solamente nella stesura del documento politico) debbano essere discussi ed approvati dalla totalità dell'assemblea, ma quando poi si scende a patti con la realtà e si decide di mettere in pratica il tutto, per forza di cose debbono essere le strutture più organizzate quelle destinate a rappresentare l'"entità" tecnica.

Dirò di più: se il problema sono i soldi, sono il primo ad accettare un pride in austerity, senza carri, ma con più contenuti, senza Carrà, ma con più slogan e politica. Il primo Pride, quello del '94, è stato un successo, quando nessuno (nemmeno l'Arcigay nazionale con Grillini) ci credeva; è stato uno dei più sentiti e partecipati, anche senza alcuno sfarzo.

Tornando a noi, dite che avete assistito ad episodi di violenza verbale e sopraffazione (quali? prego elencare. Io ne ricordo alcuni nati in corridoio durante la seconda riunione da esponenti del vecchio Coordinamento Roma Pride, che per fortuna sono stati, credo, subito dimenticati da tutti; e ripetuti sarcasmi nei confronti di Rossana, ai quali fortunatamente non ha mai replicato. Non ricordo altro): gli altri invece sabato scorso hanno vissuto episodi inaccettabili di violenza fisica (e sia chiaro che gli autori di tali episodi non debbono più essere riammessi alle future riunioni: fuori i violenti dal movimento LGBT!) e un voltafaccia finale che ha tentato di cambiare le regole del gioco, quando una parte ben precisa dei partecipanti si è sentita in minoranza.

Dite che qualcuno vuole due Pride. Mi sembra che gli unici che lo abbiano ipotizzato siete stati voi, quando avete affermato di voler troncare i rapporti con il resto dell'assemblea per continuare per conto vostro sulla strada del 2010.

Strada che, mi duole dirlo, ha compiuto un'inversione a U nella storia del movimento LGBT. La timidezza delle rivendicazioni, l'assenza di contenuti politici, la ricomparsa di concetti come quello di "normalità" che davamo ormai per superati da almeno 20 anni hanno reso il Roma Pride 2010 il più debole e imbarazzante di sempre.

Famiglie Arcobaleno non si schiera, come sempre, a priori con nessuno. Abbiamo sempre cercato il dialogo con tutti, ma non le mandiamo a dire quando le cose non girano per il verso giusto. E lo sanno le varie associazioni con cui collaboriamo. Lo sanno l'Arcigay e l'Arcilesbica, lo sa il Mieli, lo sa il DGP: siamo sempre pronti al dialogo e alla collaborazione, ma non vogliamo essere le pedine di nessuno, né tanto meno accettiamo compromessi imbarazzanti. Quando è stato il caso, abbiamo contestato, anche pubblicamente, coloro con cui da anni portiamo avanti un dialogo.

All'interno di Famiglie Arcobaleno ci sono soci di tutte le aree politiche e ideologiche: si va da appartenenti a collettivi di sinistra a soci con la tessera del PDL per giungere infine ad elettori della Lega; e ci sono soci che hanno tessere di diverse associazioni LGBT, dall'Arci al DGP, dal Mieli a GayLib. Non dico che sia facile, ma ciò che ci tiene lo stesso uniti forse sono gli aspetti pratici delle nostre rivendicazioni: abbiamo i nostri figli da salvaguardare e credo sia proprio questo a farci andare avanti compatti. Quello che invece il movimento LGBT (soprattutto quello romano) ha imparato a dimenticare sono proprio gli obiettivi reali. E' tempo di dedicarci di più a questi e meno alle logiche di potere.

Se davvero qualcuno tra voi ha desiderio di continuare un percorso comune, ben venga, portando scuse all'assemblea tutta per quella indegna fine riunione (senza tener conto delle battaglie sul filo del web condotte in questi giorni su Facebook e Twitter, imbarazzanti per chiunque). Ma lasci fuori della sala trucchetti da piccolo prestigiatore. Non ci caschiamo.

Luca Possenti 
Famiglie Arcobaleno

 
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IL COMMENTO DI ROBERTO STOCCO
Il seguente testo è stato scritto da: 
Roberto Stocco, Presidente Arcigay Roma 
(n.d.r.)

Nelle assemblee sul Pride si è arrivati a un nulla di fatto perché si è realizzata una messa in scena di posizioni fintamente dialoganti da parte di chi ritiene di avere il monopolio sull'organizzazione dei Pride a Roma. E si siede a un tavolo comune dettando le condizioni. Tu ti devi sciogliere, tu quanti soldi metti se no sei fuori, tu devi essere pronto a riunirti in assemblee permanenti, tu sei un po' di destra, tu sei troppo poco di sinistra e via dicendo..

Come associazioni che avevano convocato le riunioni per cercare l'unità di tutti abbiamo detto no a certe pratiche. C'è stata e c’è la volontà da parte del Mieli e di altri piccoli gruppi di tenere fuori qualcuno checché ne dicano poi su liste, blog o pubblicamente. Basti pensare che una delle condizioni era quella dello scioglimento del Coordinamento Roma Pride. Condizione insensata che comunque avevamo accettato. Se ne esce male. Se non cambiano i presupposti e i metodi si è destinati ad un estenuante ping pong. 
E francamente non ci interessa.

C'è chi parla di due Pride a Roma, come hanno fatto massimi dirigenti di un’associazione, ma solo un irresponsabile può proporre una cosa simile. Il Pride è uno, non si va in piazza per contare i carri delle discoteche, si va per manifestare l'orgoglio Lgbtiq e rivendicare diritti. Sai quanto godrebbero i politici locali e nazionali a vedere rappresentata una spaccatura?

Arcigay chiede, come in tutta Italia, l’istituzione di un coordinamento permanente che riunisca le associazioni e che le impegni tutto l’anno, non un comitato delle sole associazioni che hanno i ‘soldi’. D’altro canto anche l’Assemblea nazionale del movimento ha dato vita a un coordinamento italiano per i Pride.

Noi non smettiamo di lavorare per cercare l'unità con metodi coerenti e costruttivi e se non la troveremo non faremo certo la parte di quelli che nel 2010 abbandonarono la piazza col noi non ci saremo, facendo il gioco politico degli omofobi.

In tre riunioni con questi metodi non si è concluso nulla. E non per nostra volontà. Se questi sono i presupposti con cui si vuole organizzare il Pride, credo si andrà poco oltre una passeggiata sotto il sole di Roma. Peccato, sarà contento Giovanardi..

Roberto Stocco, 
Presidente Arcigay Roma

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IL COMMENTO DI LUCKY AMATO
Il seguente testo è stato scritto da Lucky Amato
(n.d.r.)

…E DOPO CIO’ PER ME VARRA’ SOLTANTO LA REGOLA DEL SILENZIO.

In questi giorni ho sentito e letto di tutto, cronache più o meno vere, altre inventate di sana pianta, leggende metropolitane che iniziano il loro cammino e non si sa dove andranno a finire; per questo mi sento in dovere di dire la mia, rispondendo anche alle sollecitazioni di Flaminia P. Mancinelli, che già il giorno dopo la riunione del 10 marzo auspicava un mio intervento, che oggi autorizzo a pubblicare ovunque ritenga opportuno.

Premetto che io ho sempre rappresentato l’ala interna al CRP che, memore degli scontri del 2010 con il Circolo Mario Mieli e da buon conoscitore delle pratiche politiche de “La Signora” che lo conduce da ben dieci anni, non è mai stata d’accordo con l’idea che per trovare la “via del ricongiungimento” dovessero esserci preclusioni e pretese di sorta, come l’idea assurda che un’associazione possa chiedere lo scioglimento di un’altra associazione, liberamente costituita fra soggetti plurali e liberi.

Ma tant’è, la democrazia vince e dopo una prima riunione, (in cui ho mantenuto un low profile, al punto tale che gente come Andrea Tornese mi ha persino - meravigliato- voluto stringere la mano per il mio aplomb), quando è stato deciso lo scioglimento ho accettato la scelta dei miei compagni di viaggio. Ubi maior, minor cessat e se, nel nome dell’auspicata “pax romana”, era necessario un sacrificio di questo tipo, obtorto collo ma lo avrei accettato.

Ma veniamo alla seconda riunione, quando insieme al Mieli - latitante la prima volta - appaiono come al solito i suoi satelliti, le famose “truppe cammellate”, quei personaggi poco simpatici – a mio avviso - ma soprattutto poco profumati che in massa partecipano a questo tipo di riunioni quando si tratta di dar manforte a “La Signora”.

Lei stessa durante la seconda riunione ha condotto lo show, monopolizzando gli interventi, applaudita dalla sua claque, negando evidenze lampanti, riproponendo discorsi triti e ritriti, gli stessi che ci portarono alla rottura del 2010 (lo ricordo per gli smemorati: voluta proprio da LEI), e soprattutto non rispondendo - ancora una volta - a quelle domande di trasparenza che tutti noi le abbiamo sempre posto, ovvero: possibile avere un resoconto almeno degli ultimi Roma Pride e dell’Europride da loro organizzati? No, evidentemente non si può, e alla fine di quella estenuante riunione, già in me maturava l’idea che in quelle condizioni fosse inutile ogni ulteriore sforzo per andare avanti. La cosa fu fatta presente fin da subito ai miei compagni, avvertendoli della mia intenzione di mollare tutto, vista la situazione.

Piccolo particolare: a quella seconda riunione, fra le “truppe cammellate” a sostegno de “La Signora”, vi era anche “Il Direttore” esimio del coro gay, con il quale ci sono ancora oggi un paio di vecchie questioni personali pendenti (storie fra “orsi”), e nei confronti del quale, oltre alla profonda disistima per il ruolo pubblico (uno dei miei migliori amici è l’ex presidente del Rainbow Choir), c’è anche il biasimo per certi suoi comportamenti privati che ci porta a detestarci profondamente ed in maniera assolutamente reciproca. Infatti già durante questa seconda riunione ci sono stati parecchi scontri verbali e sono volati reciprocamente "piacevoli epiteti", così come ai più non sarà sfuggito il fatto che durante i suoi interventi io abbia sempre abbandonato la sala (proprio pe’ nun sentillo!).

Btw, nonostante le mie manifeste perplessità, i miei stessi compagni di viaggio ad un certo punto mi pregano di partecipare anche alla terza riunione, invitandomi a cercare magari di non perdere la pazienza (!), cosicché io arrivo alla terza riunione quando questa era già iniziata da un’ora, proprio poiché fino all’ultimo ero indeciso se parteciparvi o no.

I discorsi sono sempre gli stessi, i personaggi pure, le “truppe cammellate” sempre di più, la gente che veramente ha fatto la storia del movimento gay in questa città è invece assente, avendo deciso - forse più saggiamente di me - che fosse del tutto inutile discutere con certi personaggi in quelle modalità.

Provo a mantenere la calma e, a parte qualche irrefrenabile battuta, ci riesco anche, tranne forse quando - a mio avviso giustamente - definisco la “natura scatologica” de “Il Direttore suddetto”, il quale si erge a paladino de “La Signora” rimproverandomi (si badi bene, come sempre offendendo lui per primo) il fatto che da anni ormai io abbia coniato questo simpatico nomignolo per la presidente del Mieli, a mio avviso per nulla offensivo. Evidentemente lui, per qualche “neppur troppo recondito motivo”, sente l’irresistibile bisogno di difendere la sua “domina”, attaccandomi con inusitata veemenza. Ma passa anche questa.

Arriva il momento del mio intervento. Vado a braccio, come al solito, e cerco di far capire a chi - in maniera allucinante - propone fra le altre cose una specie di direttorio fra le tre (?) maggiori associazioni (quelle con i soldi, per capirci), e ribadisco dunque l’efferatezza di simile proposta, portando invece come esempio positivo quanto fatto solo lo scorso anno dagli stessi proponenti di oggi per l’Europride, dove oltre ad AG e Mieli che mettevano i soldi, nel Comitato erano presenti anche altre associazioni “senza portafoglio” come il MIT, l’Agedo, le Famiglie Arcobaleno. Un esempio da seguire a mio avviso.

Difficile però parlare quando una parte della sala (guarda caso proprio le solite “truppe cammellate”), rumoreggia e tenta di sovrapporsi per manifesta contrapposizione (e parlano loro di violenza e di fascismo?). Quando poi ribadisco che l’altra proposta, ovvero quella di una “assemblea permanente” che prenda tutte le decisioni, storicamente non ha mai portato a nulla e che, per tutta la vita, ovvero fin dai tempi della mia militanza nella FGCI e delle mie assemblee studentesche al Cavour, ho combattuto contro questo modo di fare politica, la politica del “cioè”, del “a monte della questione”, del “nella misura in cui” e del “il capitale è il nostro nemico”. Basta, questi sono fascismi di sinistra che hanno portato il Paese a quello che è oggi, solo chiacchiere inutili e nulla più, mentre il vero nemico alle porte guadagna posizioni e alla fine ci mangerà tutti in un sol boccone.

E’ a quel punto che “Il Direttore”, fra le urla generali, con la sua voce baritonale mi dà impudentemente della “gonade”, ed stato facile per me rispondergli che le “gonadi” in realtà è già da un po’ che me le ha rotte lui, accompagnando il messaggio con la prima cosa che mi capita fra le mani (e meno male che non ho preso uno degli iPhone), ovvero una bottiglietta d’acqua ormai vuota, colpendo fra l’altro un innocente Rosario Coco (che neppure conoscevo), scusandomi mortificato con lui per l’accaduto.

Apriti cielo! Le “truppe cammellate” inferocite chiedono il mio allontanamento. Io rispondo che voglio prima poter finire il mio intervento, ma i miei stessi compagni mi fanno capire che il mio gesto, per quanto risibile in realtà, è purtroppo il pretesto che serviva a questa “gentaglia” per mandare tutto a puttane (ce so’ cascato, come ha detto qualcuno, nun me so accorto del trappolone), quindi esco dalla sala non prima di aver gentilmente invitato “Il Direttore” ad uscire con me per un franco e sincero confronto fra uomini (ma evidentemente non si può cavare sangue dalle rape).

Non so cosa sia successo dopo che io sia andato in un'altra stanza a calmarmi, e non so se le ricostruzioni che ho letto sono veritiere o no (a me sono state raccontate cose differenti), sta di fatto che se mi avessero lasciato finire il mio intervento, avrei annunciato a tutti questi “signori”, questo osceno marasma sinistro/antagonista che oggi monopolizza il nostro movimento in maniera ASSOLUTAMENTE AUTOREFERENZIALE (non crederete mica che la gente là fuori la pensi come voi, vero?), che visto lo stato dell’arte in quell’assurda assemblea il mio impegno sarebbe terminato lì.

Avrei fatto anche un’analisi sul senso di frustrazione che mi pervade ormai da qualche tempo e che mi porta a constatare come la mia generazione abbia in realtà fallito; i miei 25 anni di militanza non hanno visto nessun risultato per la nostra comunità, se non la visibilità, che ha portato a far parlare di omosessualità in maniera diffusa. Visibilità che all'epoca era sofferta (eravamo una decina in Italia a farci riconoscere come omosessuali) e che oggi è assolutamente ricercata, sgomitando per essere in prima fila. Segno dei tempi che viviamo...

Per questo ritengo l'ultimo ventennio assolutamente fallimentare per le nostre istanze e credo che tutti noi dovremmo fare un passo indietro dando spazio ai giovani, magari avendo solo il ruolo di memoria storica con eventi mirati, affinché non si perdano le ragioni del perché siamo a questo punto e non si ripetano gli stessi errori.

Coerentemente con ciò, come già abbondantemente annunciato, ribadisco la mia volontà di abbandonare la scena gay. So che ci sono stati episodi di giubilo a questa notizia da parte di qualcuno, mentre mi fa piacere constatare la solidarietà espressami dai più su Facebook e soprattutto a livello personale.

Si chiude una fase della mia vita, importante sicuramente, ma lascio con la speranza che qualche piccola cosa gente come me sia riuscita a trasmetterla e con la certezza che da questi piccoli semi nasceranno un giorno buoni frutti.

Buon lavoro a tutt*,
Lucky Amato

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IL COMMENTO DI GUIDO ALLEGREZZA
Il seguente testo è stato scritto da Guido Allegrezza, in risposta al commento di Luca Possenti 
(n.d.a.)

1. Luca, ti esprimi a nome di Famiglie Arcobaleno (ti firmi così sotto il nome) o a titolo personale? 
2. A questo link trovi il documento del Roma Pride 2010 , per cortesia puoi indicarmi i punti in cui si evince che è un documento debole
3. Indicami poi, pe favore, in cosa difetta in termini di contenuti politici
4. Infine, se vuoi, confrontalo con il documento dell'Europride e dimmi in quale punto di quest'ultimo si parla o si nominano matrimonio, adozioni, prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse 
5. Quindi, sempre se vuoi, convincimi con dati fattuali che il documento del 2010 è inferiore a quello del 2011 (ricorda, però, che quello del 2011 era un documento di un Europride e non di un Romapride.


Attendo tue, 
Grazie, Guido

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IL COMMENTO DI GIUSEPPE PECCE
Il seguente testo è stato scritto da Giuseppe Pecce
in risposta al commento di Lucky Amato 
(n.d.r.)

Buongiorno a tutt*. 
Mi sembra doveroso informare tutti* che prima dell'episodio accaduto lo scorso 10 marzo, non ho mai avuto occasione di conoscere, di frequentare o di confrontarmi con Amato (se non un saluto frugale che si riserva a una persona che si incontra alle manifestazioni).

Prive di fondamento e frutto di fantasia sono, pertanto, le insinuazioni fatte da Amato nel suo commiato riguardo alla nostra presunta conoscenza.

Altrettanto falsa è l'accusa di averlo offeso/insultato durante la riunione di sabato 10 marzo.

Un saluto 
Giuseppe Pecce

P:S.: Il mio registro vocale è tenorile e non baritonale.



Con questi ultimi interventi - inseriti in data 19/3/2012 -
consideriamo chiusi i commenti alla riunione del 10/3/2012.




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