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Aids: disinformazione e discriminazione

logo lila

 

 

Troppa ignoranza sul tema Aids, lo sanno bene gli operatori della Helpline della Lila che rispondono a migliaia di telefonate ogni anno. Ne parliamo con Giusi Giupponi, presidente Lila Como e nel direttivo nazionale



 

Nata nel 1987, LILA -Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids- è un'associazione senza scopo di lucro che agisce sull'intero territorio nazionale attraverso le sue sedi locali. La missione dell’associazione non è solo promuovere e tutelare il diritto alla salute, affermare principi e relazioni di solidarietà, lottare contro ogni forma di violazione dei diritti umani, civili e di cittadinanza delle persone sieropositive o con Aids e delle comunità più colpite dall’infezione; ma anche proporre politiche culturali, sociali, preventive e sanitarie intorno alle tematiche dell’infezione del virus HIV, capaci di suscitare risposte concrete al superamento delle diverse problematiche inerenti all’AIDS.

Nello svolgimento della sua attività, Lila si ispira anche ai “Principi di Denver”. Un vero e proprio manifesto scritto a Denver (Colorado) nel 1983 dagli attivisti americani riuniti ad un incontro nazionale sponsorizzato dal Lesbian and Gay Health Education Foundation. Giusi Giupponi

Tra le molte attività svolte dall’Associazione è particolarmente interessante la Helpline. Ogni giorno i centralini della Lila sono al lavoro, per informare, sensibilizzare, sostenere le persone, che vivano o meno con l'Hiv. Gli operatori rispondono alle più diverse
richieste, su prevenzione, test, diritti delle persone sieropositive, per ridurre ansie, togliere dubbi, correggere percezioni distorte. Un servizio prezioso e da sempre molto utilizzato, recapiti e orari sono nella sezione HelpLine del sito.

Nei primi nove mesi del 2012 ai dieci centralini LILA sono arrivate 7500 telefonate. Un osservatorio privilegiato che consente all’Associazione di fotografare la situazione italiana.

Per saperne di più Pianeta Queer ha rivolto alcune domande a Giusi Giupponi, presidente Lila Como e nel direttivo nazionale dell’associazione.

 


D. Con la Helpline siete sempre in prima linea, qual è il dato che più ti ha colpito?

R. La disinformazione. Ovvio che chi chiama lo fa per avere informazioni che probabilmente non ha, ma quello che colpisce è il ripetersi continuo delle stesse domande su questioni semplici che dovrebbero essere ormai acquisite ma che evidentemente non lo sono. Le vie di trasmissione del virus sono note da molti anni ormai, come il fatto che poco importa la persona con cui 

progetto-donna

hai avuto un rapporto non protetto: la differenza sta solo nell'aver usato protezioni o meno. Lo stesso avviene con il test, ormai dovrebbe essere arcinoto che il risultato può essere certo dopo un mese dal rapporto a rischio, e lo è sicuramente dopo tre mesi, eppure molte persone continuano a non sentirsi sicure. Colpisce molto anche il basso numero di telefonate che riceviamo dalle donne, sono poco più del 15 per cento del totale. 
Temiamo che tradisca un falso senso di sicurezza, l'idea, sbagliata, che l'Hiv non le riguardi. Perciò, anche visti i dati dei nostri centralini, abbiamo fatto partire lo scorso novembre il Progetto Donna: per aumentare informazione e consapevolezza fra le donne.

 


D. Cosa manca in Italia sul fronte prevenzione?
R. Manca l'istituzione. Oggi la prevenzione è per la grande maggioranza lasciata alla buona volontà (e alle poche risorse) delle associazioni. Lasciate sole a promuovere e distribuire condom e femidom (preservativi maschili e femminili), a fare prevenzione nelle scuole e nei luoghi del divertimento, a rivolgersi a popolazioni vulnerabili, a fare riduzione del danno. Non è così raro che vengano anche osteggiate, e quando ti ritrovi in una bufera mediatica, magari solo per aver distribuito informazioni ecampagna-lila
preservativi, la solitudine pesa ancora di più.

 


D. Secondo te c'è ancora paura e discriminazione nei confronti delle persone sieropositive?
R. Sì, e lo tocchiamo con mano. Quando si rivolgono a noi persone che hanno subito discriminazioni sul lavoro, o si sono viste richiedere un test, in spregio a tutte le leggi esistenti. La Lila quando è possibile e la situazione è particolarmente grave solleva pubblicamente il problema. Che non è solo dei singoli, avere paura è umano anche se sbagliato, ma anche delle istituzioni
pubbliche. E' un problema sociale: a un datore di lavoro non dovrebbe neanche passare per la testa di chiedere a un dipendente o possibile tale se sia sieropositivo. E ancora oggi le persone che vivono con l'Hiv per qualcuno dovrebbero avere meno diritti delle altre, un'assurdità. 
La discriminazione si sente anche in ambiente sanitario, con professionisti (medici, dentisti, infermieri) che dovrebbero per primi sapere che le persone sieropositive non sono un rischio, anzi che dovrebbero ricevere un'attenzione in più. 
(a cura di M.Z.)

 

 

 

Commenti   

 
#2 teenzen.com 2015-03-05 00:35
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Basta superare la mediocrità della massa e sentirsi in qualche modo superiori. Un bacio a Giusy . Silvy
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