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Ritorno al passato A.I.D.S.: 1981-2011

Sida-aids



Nel 1981 i CDC (i Centers for Disease Control and Prevention) degli Stati Uniti cominciarono a segnalare, in giovani maschi omosessuali, (...)



uno strano aumento dei casi di una polmonite batterica, che solitamente colpisce persone immunodepresse, e contestualmente riscontrarono tra loro anche numerosi casi di sarcoma di Kaposi.

Considerati questi presupposti, inizialmente, sui media non specialistici, si cominciò a parlare di immunodeficienza gay-correlata (Grid)” o “cancro dei gay”. Successivamente la notifica di infezioni anche tra persone eterosessuali cominciò a delineare un quadro più realistico dell'infezione. 
Nel marzo del 1983 il CDC - Center for Disease Control o Centro di Controllo Malattie - americano elaborò una lista di quattro gruppi ad alto rischio: omosessuali, emofiliaci, eroinomani e haitiani. Senza nessuna base scientifica seria, questa tesi fu ritirata ufficialmente due anni dopo.

 

IN ITALIA
In Italia, con qualche anno di ritardo, si iniziò a parlare di AIDS indicandola come malattia legata al sesso o alla droga. Con questi presupposti non ci si può stupire se, contestualmente, cominciò una caccia alle streghe, o meglio agli untori, con capofila gli omosessuali e i tossicodipendenti. Insomma, nell'immaginario collettivo l'AIDS era la malattia dei “froci” e dei “tossici”.
Nelle categorie “a rischio” vennero inserite le prostitute, mentre nella visione sociale risultava più difficile l’inserimento degli emofiliaci. 
Nacquero le prime leggende metropolitane: dalla ragazza misteriosa che, dopo una notte di sesso con uno sconosciuto incontrato in discoteca, spariva al mattino lasciando sullo specchio la frase scritta col rossetto “benvenuto nel mondo dell'AIDS” alla presenza nei tronchetti della felicità di un ragno capace di infettare le persone mordendole nel sonno; decine di innocenti piantine vennero gettate nei contenitori della spazzatura.

 

Aids1GRANDI DISCRIMINAZIONI
Ben più gravi furono la nascita delle discriminazioni verso le cosiddette categorie a rischio. Non era raro a quei tempi, per omosessuali effeminati o tossicodipendenti, essere scacciati da bar e ristoranti o venire serviti con tazzine di plastica. Ma si verificarono anche casi ben più gravi: studenti che coabitavano con altri, trovarono le loro valige fuori la porta, o addirittura solo i vestiti ammonticchiati davanti al portone.

 

In quegli anni le discriminazioni nei confronti delle persone malate di AIDS erano davvero molto gravi e mettevano a repentaglio la loro stessa vita: in alcuni casi non venivano praticate le cure mediche, i chirurghi si rifiutavano, con varie scuse, di operare pazienti con fratture, le compagnie di pompe funebri declinavano le richieste di funerale a persone morte di AIDS, famiglie (sposate con rito cattolico apostolico romano concordatario) scacciavano i figli malati che difficilmente trovavano rifugio presso le strutture di accoglienza.
In questo quadro di desolazione e squallore brillò la solidarietà, inizialmente di poche, ma successivamente sempre più numerose, persone e associazioni che cominciarono ad assistere le persone malate ma non ancora ospedalizzate, accogliendole, aiutandole nella cura della propria persona, sostenendole psicologicamente e, quando necessario, anche economicamente. 
Finalmente, anche grazie al lavoro delle associazioni, furono chiarite le modalità di trasmissione del virus e le precauzioni da adottare per evitare il contagio e piano piano questo clima di isteria cominciò a placarsi, pur senza annullarsi del tutto. Nel subconscio delle persone, l’AIDS rimaneva una malattia legata alle persone degradate, omosessuali, tossicodipendenti e prostitute (curiosamente non i clienti ma solo le donne che si prostituiscono).

 

INFORMAZIONE E PREVENZIONE
Alla fine degli anni 80, la televisione iniziò a trasmettere i primi spot informativi che parlavano anche dell'uso del profilattico, creando non poche polemiche nella bigotta morale cattolica sessuofobica timorosa che i bambini potessero essere turbati da qualsiasi accenno alla sessualità. 
Nel novembre 199, la morte di Freddie Mercury contribuì, più di tante altre, a creare un clima di solidarietà nei confronti delle persone infette dal virus dell'HIV, purtroppo ancora considerata come malattia di categoria, ma almeno degna di ricevere fondi per l'assistenza e il volontariato. 
L'AIDS comunque rimaneva una malattia mortale e una diagnosi da infezione da HIV, nella percezione comune, era solo il preludio di una lenta agonia e della fine di una vita normale e degna di essere vissuta, con il decesso spesso mascherato dai parenti come cancro o altra malattia socialmente accettabile. 
Solo alla fine degli anni 90 apparvero le prime terapie capaci di cronicizzare il decorso dell'infezione e cominciò tutta un'altra storia.
Alessandro Poto

 

Nota Bio:
Alessandro Poto
è un biologo che si occupa di salute e prevenzione
per il GayCenter.




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