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Campagna a sostegno dei Rifugiati Lgbti in Kenya ed in Senegal

 

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L’associazione International LGBTI Support si è attivata per aiutare a sconfiggere la discriminazione in tutti i Paesi, come spiega Tobias Pellicciari.





 

 

Poche notizie ci pervengono dall'Africa, gli scontri in Nigeria l'ebola, che sono stati i focus maggiori negli ultimi mesi, ma in pochi sanno che ci sono molte altre realtà nel continente.

Una di queste è la discriminazione delle Minoranze Sessuali, un problema abbastanza diffuso, 37 nazioni africane criminalizzano le relazioni omosessuali.

Ben 4 Stati, consentono ancora la pena di morte nei confronti delle persone Lgbti, in tutto il Paese o quasi. Quelli più inclini ale punizioni sono i Paesi con orientamento mussulmano, come parte della Nigeria.

Attualmente, solo una nazione africana garantisce la parità di diritti, il Sud Africa, dove però troppo spesso le leggi nondonate-foto-aldo-soligno vengono applicate.

Negli ultimi mesi la Nigeria, l'Uganda ed il Gambia hanno inasprito le loro pene nei confronti delle persone Lgbti, la prima ha introdotto una legislazione anti-gay "Same-Sex-Marriage Prohibition Act" allo scopo di impedire i matrimoni fra persone dello stesso sesso, una pratica quasi sconosciuta nel Paese, dove l'omosessualità è illegale e in alcune religioni, come quella mussulmana è punibile con la lapidazione.

Essa contiene alcune clausole inquietante, come quella che mira a mettere fuori legge le organizzazioni Lgbti, proprio come sta cercando di fare l'Uganda, sollevando gravi preoccupazioni circa la sostenibilità dei diritti umani e la promozione della salute del Paese.

Il divieto del matrimonio fra persone dello stesso sesso (o divieto di unione) Act 2013 prevede le seguenti sanzioni:

- fino a 14 anni di carcere per chiunque entri in un contratto matrimoniale o in un unione civile. L'unione civile copre anche le relazioni fra conviventi , se persone dello stesso sesso.

fino a 10 anni di reclusione per chi non testimonia o sostiene il matrimonio fra persone dello stesso sesso

- fino a 10 anni di reclusione per chiunque "registri, operi o partecipi in attività in locali o in società gay"

- fino a 10 anni di carcere per chi fa manifestazioni pubbliche "dirette o indirette" ed esprime solidarietà alle coppie gay.

Ovviamente questo disegno di legge non ha nulla a che fare con il matrimonio fra persone dello stesso sesso, in un Paese dove l'omosessualità è un crimine, infatti, sarebbe molto difficile per due persone gay contrarre un matrimonio. In realtà è un atto di negazione dei diritti verso la comunità omosessuale.

Anche in questo caso, come nel caso dell'Uganda, le preoccupazioni per gli effetti delle leggi sono state sollevate più volte dagli attivisti per i diritti Lgbti e la difesa per le persone con HIV.

Tali disposizioni rendono incredibilmente difficile lintervento dei difensori e delle organizzazioni per la tutela dei diritti fondamentali o addirittura il lavoro delle comunità.

Senza tralasciare che la Nigeria è il secondo Paese al mondo con il numero più alto di malati di HIV fra la sua uganda-lgbtipopolazione, la legislazione punitiva, promuove comportamenti a rischio, impedisce l'accesso agli strumenti di prevenzione e hai trattamenti e acuisce lo stigma delle disuguaglianze sociali che rendono le persone più vulnerabili all'infezione da HIV e alla malattia.

Successivamente, nel febbraio 2014, l'Uganda approvò una legge draconiana, Anti-Homosexualy Act, firmata dal Presidente Yoweri Musuveni, che inaspriva le pene nei confronti degli omosessuali con il carcere a vita. La legge fu presentata nel 2009 da David Bahati, un membro del Parlamento ugandese, e venne in seguito modificata. La prima versione contemplava ancora la pena di morte. L'Uganda criminalizza i gay sulla base di una vecchia legge sulla sodomia, ereditata nel periodo della colonizzazione britannica, anche se le punizioni sono state notevolmente rafforzate dal 1990. La sezione 140 del codice penale punisce: "la conoscenza carnale dell'ordine contro natura". (Rap. Human Rights Watch).

Nell’ottobre 2014 il Presidente del Gambia, Yahya Jammeh ha approvato un nuovo reato di "omosessualità aggravata", punibile con l'ergastolo, ed è stato aggiunto al codice penale.

Fra coloro che possono essere accusati di omosessualità aggravata, ci sono i delinquenti seriali, le persone con l'HIV, che spesso sono ritenuti gay o lesbiche.

Questa criminalizzazione dell'attività sessuale nel Gambia viola il diritto internazionale. Le disposizione vaghe e imprecise di questa legge potrebbero essere utilizzate in modo inappropriato, arrestando chiunque venga riconosciuto come gay o lesbica, contribuendo ad alimentare l'ostilità ed il clima di tensione e di paura che già aleggia nella comunità Lgbti.

Human Rights Watch ha dichiarato che queste normative hanno portato ad un incremento delle violazioni dei diritti umani, tra cui arresti, abusi da parte della polizia e sfratti.

Dopo questi fatti anche Amnesty International ha da poco accusato il governo del Gambia di aver torturato i cittadiniafrifa-lgbti arrestati nell'ultimo periodo, questo è stato riferito all'agenzia di spionaggio nel Paese, precisando che la guardia presidenziale ha costretto i cinque uomini a confessare, fra questi un ragazzo di 17 anni e tre donne.

In seguito a queste continue persecuzioni, molte persone Lgbti lasciano spesso le zone rurali per aree urbane più tolleranti o migrano verso paesi vicini che offrono un maggior riconoscimento di tutela giuridica.

Nel caso dell'Uganda, anche se l'Anti-Homosexuality Act è stata abrogata ad agosto 2014, la situazione non è molto migliorata, e molti omosessuali continuano la loro fuga verso il Kenya.

Secondo i dati dell'associazione per i rifugiati ORAM, con cui stiamo collaborando, i gay ugandesi si rifugiano spesso in Kenya per sfuggire alla detenzione e alla persecuzione, motivo per cui sono anche più a rischio di violenze sessuali.

I dati dicono che 58 ugandesi Lgbti fuggiti in Kenya hanno sperimentato violenza e discriminazione nel campo profughi di Kakuma.

Dai dati che ci sono pervenuti nel 2012 dal campo profughi di Dadaab, al confine con il Kenya e Somalia, emerge che vi sono stati quasi 6000 nuovi arrivi solo dalla Somalia. Ad agosto 2012, il numero totale di rifugiati registrati e di richiedenti asilo era di oltre 630.000.

Fra questi anche molte persone Lgbti, che durante i loro spostamenti possono aver subito varie forme di violenza, come stupro, stupro collettivo e sfruttamento sessuale.

I rifugiati che hanno avuto esperienze di violenza sessuale e di genere sono persone suscettibili e hanno bisogno di azioni urgenti e complesse. Essi sono stati sottoposti a sofferenza fisica o psicologica derivate dallo spostamento e dall'esperienza di violenza.

Ancora molto scarse le informazioni sui rifugiati del Senegal. Nonostante le nostre ricerche, non sono state trovate informazioni concrete sulla qualità di vita nei campi e sui bisogni dei loro occupanti.

Queste sono solo alcuni dei dati di cui disponiamo, ci è stato segnalato che in Kenya ad esempio, esistono due tipi di rifugiati, quelli delle aree urbane che vivono a Nairobi e nelle città vicine, quelli nel Campo di Kakuma.

Le condizioni di entrambi sono orribili. Nel campo di Kakuma, molte persone Lgbti sono state recentemente prese di mira a causa del loro orientamento sessuale; per lo più le aggressioni sono state compiute da sudanesi e somali.

I rifugiati riferiscono che non vi è alcuna protezione da parte dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e la polizia è stata segnalata per minacce alle vittime.

Ad aggiungersi a queste polemiche, sulla scarsa tutela nei confronti delle persone Lgbti, negli ultimi mesi, sono sorte altre difficoltà. A seguito delle ultime notizie, pervenuteci sul traffico di esseri umani dall'Uganda al Kenya, attivata con la scusa della "persecuzione dei gay" sembrerebbe che l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) abbia bloccato consapevolmente le registrazioni per le richieste di asilo, per evitare di essere complice del "popolo di contrabbando"e delle spregevoli truffe in atto, che coinvolgono alcune persone eterosessuali mascherate da persone gay perseguitate.

Ci è stato segnalato che l'ONU è stata avvertita più volte da alcuni ragazzi ugandesi ospiti nei rifugi, circa il numero crescente dei casi di persone omosessuali usate come copertura per le "tratte di esseri umani". In buona fede, la comunità Lgbti si era lamentata molti mesi fa di un gran numero di omofoni "eterosessuali" abusivi, che dopo aver sostenuto il viaggio dall'Uganda si recavano ai campi di Nairobi e Kakuma per accedere alla registrazioni imposte dall'ONU.

Hanno compreso solo successivamente che l'"industria del rifugiato" richiede numeri e non persone. Più gente si iscrive alle liste e più soldi vanno all'ONU. Questo succede soprattutto quando un determinato evento in atto, viene raffigurato come "crisi", come del resto era l'esodo delle persone Lgbti verso il Kenya.

Ci viene segnalato anche un massiccio traffico di "eterosessuali" che è visibilmente aumentato negli ultimi mesi, non è più un'impresa di alcuni individui senza scrupoli che tenta di introdursi nel meccanismo, è diventata una vera e propria attività, con l'obiettivo di screditare coloro che sono in procinto di essere classificati come "Migranti Economici". L'ultimo gruppo di 76 falsi "omosessuali" che ha effettuato la registrazione presso le Nazioni Unite, circa due settimane fa, ha prontamente spiegato di essere stati istruiti per raccontare la storia della "persecuzione verso le persone gay".

Questo fatto resta inquietante per tutte le persone Lgbti "genuine" ancora perseguitate a Kampala, coinvolti in torture, violenze e prigionia, con prove documentabili, che ora vengono messe in dubbio; le registrazioni sono state chiuse e l'assistenza finanzia è bloccata a tutti gli ugandesi.

Alcuni gruppi provenienti dall'Uganda hanno provato a porre obiezioni, ma per un certo periodo vi avevano rinunciato.

Da quello che si può notare, l'ONU ha delle leggi, ma restano "sordi al di là delle loro parole", queste non vengono applicate.

Dalle ultime notizie che inviateci da Kampala i rifugiati Lgbti ugandesi nel campo di Kakuma e quello di Nairobi hanno protestato lo scorso mercoledì 11 marzo 2015, davanti agli uffici dell'UNHCR, che ha chiamato la polizia.

Facciamo quindi un appello urgente alle Nazioni Unite e alle Comunità Internazionali amiche empatizzanti perché ci diano una mano a risolvere questa situazione. La comunità Lgbti conta di più di trecento richiedenti asilo e di rifugiati human-rightsprovenienti dall'Uganda, che vivono attualmente in Kenya e affrontano sfide difficili, chiediamo un sostegno diretto o un aiuto a tutte le persone di buona volontà possano assistere l'UNHCR e la sua agenzia esecutiva HIAS per la fornitura regolare dei loro servizi.

Le lacune nella fornitura di protezione e dei servizi umani che ci sono state segnalate dai migranti Lgbti, ed i lunghi ritardi per le interviste e il insediamento, hanno portato a diverse contese, che attualmente minacciano la vita della comunità omosessuale in Kenya. La quale esprime una forte amarezza nel dichiarare che spesso non si sente ascoltata dal'UNHCR e dall'HIAS in Kenya, ma si vede rispondere di portare riconoscenza per ciò che viene fatto per loro.

In questo modo, dice la comunità Lgbti:" le nostre preoccupazioni sembrano cadere nel vuoto, o cercano di essere soddisfatti con rimproveri difensivi, accuse di cattiva condotta" .

Questo comportamento sta causando una perdita di fiducia nella comunità Lgbti nei confronti dell'UNHCR e la sua agenzia HIAS in Kenya.

Con questo articolo vorremmo portare le persone a riflettere su una realtà ancora poco conosciuta, ma importante per quanto concerne i diritti umani fondamentali.

La nostra associazione International LGBTI Support si sta impegnando in una Campagna di Supporto per i Rifugiati LGBTI in Kenya e in Senegal, per aiutare a sconfiggere la discriminazione in tutti i paesi, non solo quelli dell'Unione Europea.

Per fare questo crediamo possa essere importante entrare in contatto con altre realtà, spesso  ancora a noi sconosciute.

Negli ultimi mesi insieme ad altre associazione Partners fra cui Uganda gay on Move , ORAM, Ilga Pan Africa, African HCR, abbiamo lanciato il progetto "case sicure" per costruire alloggi per la comunità Lgbti dove possano restare in attesa dei documenti per le richieste di asilo. Speriamo che le persone ci vogliano sostenere e supportare in questa impresa. Per ulteriori informazione sui nostri programmi, potete visitare il nostro blog o contattarci via Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .
Tobias Pellicciari

 

 

Commenti   

 
#2 Beatrice 2015-05-20 15:26
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