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Diritti Lgbtqi, l’Italia è sempre in ritardo

 

lgbt-pallotteliereE’ emerso chiaramente dal rapporto ILGA Europe e da quello Arcigay: nel nostro Paese la situazione delle persone Lgbtqi è addirittura peggiorata. Ma qualcosa sembra si stia muovendo... Ne abbiamo parlato con Maria Grazia Sangalli, vice presidente avvocatura per i diritti Lgbti-Rete Lenford.


 

I dati emersi recentemente dai rapporti ILGA Europe e Arcigay sui diritti delle persone Lgbtqi evidenziano l’arretratezza dell’Italia, il nostro Paese è addirittura peggiorato rispetto al rapporto 2012 dell’Associazione europea. Quasi ci fosse bisogno di un’ulteriore conferma, qualche giorno fa c’è stato il penoso show contro le persone omosessuali del deputato Gianluca Bonanno della Lega Nord al Parlamento. Ma questo è stato solo l’ultimo degli interventi omofobi a cui abbiamo assistito, purtroppo in Italia c’è stata un pericolosa accelerazione sulla strada della violenza nei confronti di persone Lgbtqi e donne, azioni che, non mi stancherò mai di ripetere, hanno un seme comune: l’ignoranza.

Lo scorso 9 luglio la Commissione Giustizia ha adottato il testo base per la legge contro l’omofobia che sarà discusso alla Camera il 22 luglio. Ma nel testo base sono stati evidenziati elementi di criticità che si cercherà di superare durante la discussione in Aula.

Per comprendere meglio Pianeta Queer ha rivolto alcune domande a Maria Grazia Sangalli, vice presidente avvocatura per i diritti Lgbti-Rete Lenford.



D. Dal rapporto pubblicato dall’Ilga Europe sui diritti delle persone LGBTQI nel Vecchio Continente, emerge chiaramente che la situazione dell’Italia è peggiorata: il nostro Paese è passato dalla 30esima posizione del 2012 alla 36esima nelmaria-grazia-sangalli 2013, come spiega questo passo indietro?
R. Dal rapporto di ILGA Europe emerge in maniera inequivocabile, direi, l’arretratezza in cui versa il nostro sistema legislativo sia rispetto alla tutela della persone LGBTI nei confronti di crimini dettati dall’odio o di fattori di discriminazione sia rispetto al riconoscimento delle unioni familiari.

Da questo punto di vista le istituzioni di altri Paesi europei, anche a forte tradizione cattolica o conservatrici, hanno mostrato nell’ultimo anno di saper cogliere ed interpretare le istanze di inclusione sociale provenienti dalle persone omosessuali e hanno esteso alla coppie same sex l’accesso al matrimonio civile o hanno in corso l’esame e approvazione di leggi in tal senso, che tra l’altro producono effetti anche in tema di procreazione assistita ed adozione, mentre nel nostro Paese la discussione politica su questo terreno è fortemente e colpevolmente in ritardo.

A questo stato di cose si aggiungono, come evidenzia il rapporto di ILGA, gli episodi di violenza a sfondo omo e trasfobico registrati nel corso dell’ultimo anno e le numerose dichiarazioni offensive, discriminatorie e cariche di pregiudizio di esponenti politici o di personaggi pubblici nei confronti dell’omosessualità e delle persone trans.

L’unico aspetto positivo che emerge dalla ricerca è l’avanzamento giurisprudenziale, frutto del pervicace lavoro, mi sia consentito dirlo, anche della nostra Associazione.

 

D. Sempre leggendo il rapporto ILGA Europe si scopre che in Italia il 73% delle persone LGBTQI è stata discriminata almeno una volta e scuola e famiglia risultano gli ambiti più discriminanti. Questi numeri molti preoccupanti trovano riscontro nella esperienza di Rete Lenford?
D. Condivido la preoccupazione. In particolare se confrontiamo i dati di ILGA con quelli dell’indagine svolta dalla FRA-Fundamental Rights Agency e presentata il 17 maggio scorso sulla discriminazione e sull'incitamento all'odio contro le persone LGBT in Europa, emerge in modo evidente lo scarto tra questo dato e quello relativo alla media dei paesi UE, dove ad avere subito almeno un episodio di discriminazione si colloca circa il 50% della popolazione LGBT intervistata. E’ certamente un elemento significativo che dovrebbe portare in generale a riflettere sulle conseguenze che certe scelte politiche possono avere sulla qualità della vita dei cittadini .

Al nostro indirizzo di Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. riceviamo almeno una richiesta di intervento e assistenza al giorno e posso confermare che gli ambiti a maggiore incidenza discriminatoria sono proprio quello scolastico, dove sono frequentissime le offese verbali a danno dei giovano omosessuali e abbastanza ricorrenti i soprusi e i maltrattamenti fisici e quello familiare, specie per quanto riguarda le persone trans.


D. Anche il rapporto presentato da Arcigay fotografa una situazione italiana molto grave: 10 omicidi a sfondo omofobo tra il 2012 e i primi mesi del 2013. Come è possibile fronteggiare tale emergenza?
R. I casi di omicidio a sfondo omofobo sono un’emergenza quanto quelli di stampo sessista. La matrice è la medesima, l’odio per una componente sociale, in un caso le persone omosessuali, nell’altro le donne, che non rinuncia ad esprimere liberamente la sua umanità e la sua sessualità.

Gli strumenti attraverso i quali è possibile fronteggiare queste situazioni estreme sono rappresentati dallo strumento penale che ha una funzione non solo punitiva, sanzionatoria, ma anche e soprattutto dissuasiva dei comportamenti criminali, ma ancor prima occorre agire sul piano culturale.

Sotto il primo profilo sarebbe auspicabile quanto prima l’approvazione di una norma di legge che contrasti i reati motivati dallo stigma sessuale nei confronti delle persone omosessuali e transessuali, mentre da un punto di vista culturale occorre agire sulla rappresentazione del ruolo sociale e delle relazioni tra i sessi ancor oggi sfortunatamente ispirate a una concezione fortemente omofoba e misogina.


D. Recentemente avete presentato la proposta di Legge n. 245 che ha raccolto ben 221 firme di deputati, pensa che si arriverà all’approvazione della legge o, ancora una volta, l’iter verrà bloccato dal solito cavillo?
R. La proposta di legge che abbiamo redatto, e che prevede molto semplicemente l’inserimento nella legge Reale-Mancino delle uniche condizioni personali finora escluse da tutela nell’elenco previsto dalla legge,è stata sottoscritta da un numero straordinario di deputati e questo ci fa ben sperare circa la volontà di arrivare in questa legislatura all’approvazione di una legge di contrasto all’omofobia e transfobia. Si tratterà di capire, tuttavia, quale sarà il testo che vedrà definitivamente la luce il prossimo 22 luglio, data per la quale è stata fissata la discussione e l’approvazione della legge alla Camera.

Lo scorso 9 luglio la Commissione giustizia ha adottato il testo base che potrà essere emendato sino a martedì 16 luglio e che successivamente andrà all'esame dell'Aula. L'abbiamo esaminato e abbiamo ritenuto di evidenziare alcuni elementi di criticità che ci auguriamo possano essere superati apportando delle modifiche al testo, per un commento più ampio è possibile leggere la nota sul nostro sito. Certamente continueremo a seguire l’iter parlamentare al termine del quale daremo il nostro parere tecnico circa l’efficacia o meno della legge.

A questo punto si tratta di capire solo se c’è la volontà politica di sostenere con forza che in un paese civile l’omofobia e la transfobia non possono essere in alcun modo tollerati ma è evidente che non ogni soluzione può essere ritenuta accettabile. Non lo era certamente, secondo il nostro giudizio, la proposta presentata nella scorsa legislatura, poiché nella realtà si sarebbe dimostrata inapplicabile. Vedremo cosa sarà in grado di  fare questo Parlamento.


D. Oltre ad approvare una legge, a suo parere quali altre misure sarebbe necessario adottare per combattere seriamente la omo/transfobia?
R. Sarebbe possibile immaginare una pluralità di azioni e strumenti, a cominciare dall’inserimento nei piani formativi delle scuole di percorsi di studio sulle differenze.

A livello legislativo non vedo altra strada che quella di riconoscere alle persone omosessuali gli stessi diritti di quelle eterosessuali. Fino a quando esisterà uno scarto di diritti la percezione di sé delle persone omosessuali sarà di esclusione dalla piena cittadinanza e la percezione sociale quella di una giustificazione se non rafforzamento delle condotte di discriminazione. Ecco perché occorre che anche le persone dello stesso sesso possano accedere all’istituto del matrimonio e non ad una unione civile prevista ad hoc.

I gay e le lesbiche hanno ormai compreso il significato politico e simbolico della rivendicazione del diritto al matrimonio e non sono più disposti ad accettare soluzioni delegittimanti o concessioni di benevolenza per sé e per le loro famiglie.

All’estero, laddove si è deciso di aprire il matrimonio alle famiglie omosessuali, si è compreso che questo non avrebbe provocato alcun pregiudizio per le persone eterosessuali ed anzi avrebbe inciso positivamente sul tessuto sociale migliorando il benessere di tutti.
A cura di M.Z.

 

 

 

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