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Madre e donna: intervista a Francesca Vecchioni


Francesca e Alessandra
Coming out, rapporto con Alessandra e le gemelle, omogenitorialità, Famiglie Arcobaleno e situazione italiana e molto altro nella conversazione con Francesca Vecchioni.


 

Francesca Vecchioni e la sua compagna Alessandra Brogno sono diventate note al grande pubblico con la copertina del settimanale Oggi e per l’intervista a un mese dalla nascita delle loro bambine Nina e Cloe. Entrambe hanno ancora fatto parlare di loro perché, appena è stato possibile, si sono iscritte al Registro delle Coppie di Fatto di Milano.

Francesca e Alessandra fanno parte dell’Associazione Famiglie Arcobaleno e continuano la loro battaglia, soprattutto per garantire i diritti alle due gemelle. Nina e Cloe oggi hanno 6 mesi. Ma cosa significa essere una Famiglia Arcobaleno in Italia, un Paese che non riesce a garantire i diritti civili alle coppie omosessuali e nemmeno ad approvare una legge in grado di allargare la Legge Mancino anche ai reati di omo/transfobia?Famiglia Arcobaleno

Pianeta Queer lo ha chiesto a Francesca, ne è nata un’intervista a 360 gradi sull’omosessualità, sulla vita, sulla famiglia e sulla situazione italiana.
 

Il coming out

D. Il tuo primo coming out è stato con gli amici o in famiglia?
R. Direi che è andato di pari passo; in realtà gli amici già lo sapevano quando ne ho parlato con i miei genitori e poi piano piano lo ha saputo il resto della società.

Secondo me è più semplice fare coming out con gli amici più stretti, così, quando devi affrontare i genitori e la società, sei circondata da persone che ti sostengono. Il passaggio più delicato è farlo con la famiglia, ma va assolutamente fatto, anche se mi rendo conto che ci sono situazioni difficili, in caso contrario c’è il forte rischio di penalizzare il rapporto affettivo con i genitori.

Se non fai coming out rischi di ritrovarti a 50 anni a dover ancora mentire ai tuoi genitori, così oltre a perderti un pezzo di affettività, per la tua famiglia sei diventata un’estranea.

 

D. Come ha reagito la tua famiglia?
Sia io che Alessandra siamo state molto fortunate nel nostro coming out con la famiglia. Non abbiamo avuto problemi, ma mi rendo conto che non è così per tutti. So che ancora oggi ci sono famiglie che reagiscono molto male.

Però, nonostante le situazioni difficili, penso ci sia stata un’evoluzione. Mio fratello ha 20 anni e ha vissuto la mia omosessualità nel modo più naturale, non ha problemi a dire ai suoi amici “mia sorella è lesbica”. Sono convinta che, rispetto a 40 anni fa, oggi per i ragazzi sia più semplice fare coming out.

Per le persone che oggi hanno 50/60 era quasi impossibile pensare di farlo serenamente in famiglia. 40 anni fa si faceva coming out quasi per contestazione, per rivendicare il diritto ad esistere, si faceva politicamente con orgoglio, per lottare.

Oggi il quindicenne non lo fa con lo stesso spirito, una parte della società ha fatto passi avanti e quindi può andare dai genitori e può dire: “siete antichi se non capite che l’omosessualità esiste ed è accettata”. Oggi la televisione propone coppie di gay e di lesbiche quotidianamente; partecipano ai talk show , sono presenti in molti telefilm, è diventato usuale proporre tematiche omosessuali.

 

D. Quindi anche per la tua generazione essere lesbica è stato più semplice rispetto a 40 anni fa?
R. Indubbiamente è stato più semplice rispetto a 40 anni fa, ma anche la mia generazione ha avuto grandi difficoltà. In primo luogo ha dovuto confrontarsi con l’immagine della lesbica. Quando avevo 20 e andavo nei locali omosex era raro Alessandra e Francesca
trovare lesbiche femminili, c’era una prevalenza di
butch o camioniste, come si diceva nell’ambiente. Noi non avevamo ancora chiarito con noi stesse alcuni aspetti della femminilità.

Anch’io a 20 ero una maschietta, ma forse lo eravamo un po’ tutte. Oggi nei locali omosex ci sono tante ragazze giovani, carine e molto femminili.

Sta evolvendo anche il modo di sentirsi lesbica, si sta capendo che non esiste un cliché, forse un tempo ne avevamo bisogno anche per riconoscerci tra di noi. Avevamo una sorta di divisa. Oggi si è capito che l’omosessualità è al di là, è la propria affettività: Francesca può essere gay o etero ma è sempre Francesca, non ha bisogno di travestirsi per essere accettata.

Purtroppo per la società bigotta l’omosessuale è ancora quello che schecca  e la lesbica è maschile…

In realtà, noi omosessuali siamo esattamente come tutti gli altri, nel bene e nel male. E proprio per questo la società sta imparando a considerarci parte della popolazione e non come un gruppo di diversi.
 

D. Quello che dici è vero, ma in Italia abbiamo un grave problema, si chiama omo/transfobia. Tu che ne pensi?
R. E’ vero e si dovrebbe fare di più per contrastarla. Ma c’è anche il problema dell’omofobia interiorizzata di cui noi stessi soffriamo. Le persone omosessuali devono vivere una vita vera, senza ipocrisie, anche se mi rendo conto che ci sono situazioni in cui è molto difficile affrontare la realtà in casa o sul lavoro.

Purtroppo a volte ci mettiamo in gabbia da soli, quando non abbiamo il coraggio di chiudere i rapporti con quelle persone che non rispettano la nostra vita.  E lo stesso discorso vale a livello politico, noi dobbiamo imparare a votare le persone che ci sostengono.

Noi siamo responsabili della nostra situazione: se in Italia non ci sono i matrimoni gay, significa che non abbiamo lottato abbastanza. Dovremmo iniziare ad essere più chiari e sinceri con le persone che ci circondano, vivere la nostra omosessualità senza vergognarci o sentirci colpevoli.

Nel nostro caso ci ha aiutato la nascita delle bimbe. Anche noi avevamo le nostre piccole ipocrisie, magari sul lavoro, con i clienti. E’ facile aprirsi con le persone con cui ti senti tranquillo, ma sul lavoro magari rischi di essere discriminato e avere problemi.

In effetti siamo state costrette al salto di qualità in previsione della nascita di Nina e Cloe. I figli ti obbligano a un coming out totale. Non puoi prescindere dal fatto che per loro ogni giorno della tua vita dovrai lottare affermando la tua omosessualità, i tuoi e i loro diritti.


D. Hai perso qualche amico dopo il tuo coming out?
R. Non ho perso amici e non ho amici che non sanno della mia omosessualità, in realtà gli amici più stretti l’hanno sempre saputo. Ho perso amici perché mi sono trasferita da Roma a Milano.

Al liceo non ho parlato con tutta la classe, non ne ho avuto bisogno, gli amici più cari già lo sapevano, e parlare con gli altri non mi interessava, come ho già detto, non era così semplice.

Nelle scuole, anche oggi, l’omofobia è ancora molto diffusa e noi dobbiamo combatterla ricordando che nasce dall’ignoranza. Molte incomprensioni nascono dall’affermazione che un atto sessuale non finalizzato alla procreazione è contro natura, e poi dalla confusione che vi è tra sessualità e affettività. Tutti pregiudizi da sfatare con la nostra 'normalità'.

  

D. Come è stata la tua adolescenza da ragazza lesbica?
R. L’adolescenza è un periodo molto particolare: ci si sente diversi per tanti motivi, anche per dover indossare gli occhiali. Non ricordo quando ho scoperto la mia omosessualità, ho la sensazione di averlo sempre saputo, ho sempre pensato di essere lesbica.Alessandra e Francesca in vacanza

Sono una persona molto curiosa e sono andata a cercare tutte le spiegazioni possibili e immaginabili, non mi sono sentita inferiore, mi sono sentita come le altre ma con un’affettività diversa dalla maggioranza delle mie coetanee.

Ho trascorso la mia adolescenza tra Roma e Milano, avevo la consapevolezza di non essere unica, sapevo che c’erano molte altre persone come me. Ho iniziato a frequentare locali, luoghi di aggregazione e a conoscere altre persone omosessuali.

Io sono convinta che la crescita della consapevolezza di essere gay oggi sia molto diversa. Ci sono modelli che sia 40 anni fa, sia quando io ero adolescente, non esistevano o erano rari.  Quando usciva un film con una scena gay o un libro che aveva come protagonisti una coppia omosex, noi ci precipitavamo a vedere il film e ad acquistare il libro. E poi rileggevi il libro e rivedevi il film pensando di non essere sola. Inoltre le prime rappresentazioni omosessuali erano tristi. Un film come Quelle due del 1961 con Audrey Hepburn e Shirley MacLaine era cupo, con un finale drammatico. Ragazze Interrotte del 1999, quello con Winona Ryder in cui si è vista per la prima volta Angelina Jolie, era tristissimo. Questi erano, scarni e tormentati i nostri riferimenti.

Qualcosa è iniziato a cambiare quando i media hanno rappresentato l’amore tra due persone dello stesso sesso in modo più sereno.


D. A tuo parere, amare una persona dello stesso sesso quanto incide nella sua vita? Quanto ha inciso nella tua? R. Questo non sono in grado di valutarlo, perché è come se  mi chiedessi se essere la figlia di Vecchioni ha inciso nella mia vita. Io non so come sarebbe stato non essere lesbica e non essere la figlia di mio padre. Forse sono andata a vivere da sola prima di altri, magari sono diventata più riflessiva, più introspettiva rispetto alle mie coetanee.

Come ho già detto, credo che dovremmo riuscire a far capire alla società che in noi non c’è nulla di “speciale”: siamo come gli altri; forse proprio perché abbiamo più paura di soffrire siamo più determinati ma anche più codardi.Francesca e Alessandra

L’unica strada per cambiare le cose, a mio avviso, è la strada one-to-one, da persona a persona, mostrarci senza ipocrisie o paure nella nostra vita quotidiana al nostro vicino di casa, al panettiere.

Mi rendo conto che è difficile, anche noi abbiamo paura che l’omofobo possa colpire noi o le nostre bambine, ma sappiamo che non nasconderci è la sola strada per veder riconosciuti i nostri diritti.

Noi vinceremo la nostra battaglia solo nel momento in cui gli eterosessuali si schiereranno apertamente al nostro fianco, esattamente come noi, in passato, abbiamo sempre combattuto per i loro diritti.



La vita con Alessandra e le bambine
 

D. Quando hai conosciuto Alessandra?
R. Ci siamo conosciute a casa di amici, in realtà ci eravamo già viste in qualche locale in giro per Milano. Poi come spesso avviene, ci siamo un po’ rincorse. Un giorno sono rimasta senza benzina e ho chiamato un’amica, Alessandra le era accanto ed è venuta a soccorrermi.

In quel periodo lavoravo come giornalista free lance, facevo orari del cavolo, a volte non staccavo per giorni perché dovevo consegnare l’articolo. Il giorno dopo ero alla mia scrivania, concentrata sul lavoro quando squilla il telefono, rispondo e sento la voce di Alessandra che dice “Mi hai chiamata tu?”. Ebbene da allora non abbiamo ancora capito chi ha fatto la chiamata. Forse è stato il destino perché da quel momento non ci siamo più lasciate.
 

D. Come avete deciso di avere un figlio?
R. Noi stiamo insieme da 9 anni, io ho sempre desiderato dei figli, ma abbiamo iniziato a parlarne in maniera più concreta 5/6 anni fa. Sai non è così semplice, abbiamo iniziato a confrontarci e interrogarci, a domandarci se la nostra situazione familiare era pronta ad accettare l’arrivo di un figlio, poi ne abbiamo parlato con i nostri genitori e abbiamo preparato i nostri amici… in altre parole abbiamo organizzato il nido. Solo dopo aver sistemato tutto abbiamo scelto come procedere. Dopo aver studiato la situazione dei vari Paesi europei abbiamo deciso insieme che sarei stata io a portare la gravidanza, prima di tutto perché lo desideravo e poi perché Alessandra è un po’ più grande e più impegnata sul lavoro.

 

D. Quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato?
R. Sicuramente l’inseminazione, abbiamo fatto molti tentativi, ma è complesso per tutti, coppie etero o omosex. Noi abbiamo scelto l’inseminazione intrauterina e siamo andate in Olanda. L’inseminazione ha costi abbordabili ma si deve mettere in conto l’albergo, il viaggio che va prenotato all’ultimo momento, ovvero quando sei in ovulazione, poi le ecografie in Italia. Noi abbiamo fatto 8 tentativi e li abbiamo spalmati, ovvero se un mese non ce la facevamo prenotavamo per il mese successivo. Per farlo abbiamo dato fondo a tutti nostri risparmi che non erano infiniti! Per una coppia di lesbiche è più semplice e quindi i costi sono più contenuti, mentre una coppia di gay deve ricorrere alla maternità surrogata con costi veramente molto elevati.

In Olanda per i cittadini olandesi l’inseminazione è passata dal servizio sanitario nazionale perché è considerato un servizio sociale. E non ci sono discriminazioni tra gay ed etero, il donatore è rintracciabile e a 16 anni i bambini possono, se vogliono, ottenere i dati e incontrarlo.

Dopo 35 anni di esperienza, gli olandesi hanno deciso che è molto meglio che i figli da inseminazione possano avere la possibilità di incontrare il donatore.

L’Italia è lontana anni luce da questa idea di Stato.

 

D. Com'è cambiata la vostra vita con la nascita delle bambine?
R. La nostra vita è stata totalmente rivoluzionata, come penso accada sempre quando nasce qualunque bambino. Non saprei da dove iniziare, posso solo dire che fortunatamente da parecchi anni conducevamo una vita abbastanza casalinga e non uscivamo molto per locali, perché se avessimo avuto una vita socialmente iperattiva, adesso saremmo devastate.

Le bimbe vanno al nido perché noi dobbiamo lavorare, ma sono brave e stanno bene. E poi non ci stanno tutto il giorno e Roberto Vecchioni, Nina e la mamma
noi le coccoliamo molto quando sono a casa.

Inoltre ci aiutano i genitori di Alessandra che sono impazziti per le bambine e spesso vengono a trovarle. Mia madre vive a Roma e quindi è un po’ più difficile, e mio padre è sempre in giro, però ogni volta che può se le spupazza.


D. Percepisci come un problema il momento in cui dovrete spiegare la vostra scelta alle vostre figlie?
R. Questa domanda viene fatta molto spesso, non c’è un momento per raccontare che la figlia è nata con il contributo di un donatore. E’ necessario essere trasparenti e chiari e inserirlo nei racconti dall’inizio. Magari attraverso una fiaba. La casa editrice Lo Stampatello fa libri proprio per aiutare le Famiglie Arcobaleno. I bambini nati da genitori omosessuali in Italia non avevano fiabe che comprendessero la loro realtà, mentre esistono in tanti Paesi del mondo. Le case editrici nazionali non hanno mai preso in considerazione di pubblicare libri con Famiglie Arcobaleno, per questo è nata una casa editrice ad hoc con libricini anche per bimbi molto piccoli. Fiabe dove si possono riconoscere, dove vedono la loro realtà.

L’argomento va affrontato giorno per giorno, come del resto si dovrebbe fare anche in famiglie che adottano un bimbo. Una comunicazione “a freddo” può causare gravi scompensi nel ragazzo. Quando adotti un bambino ti spiegano che ne devi parlare da subito. La strada è la stessa nelle Famiglie Arcobaleno.

 

D. Prima dicevi che avete preparato il “nido”, ma i bambini come vengono accolti nella società?
R. Anche questa è un’obiezione che ci sentiamo fare spesso. Ma questa è la stessa obiezione che veniva fatta negli Stati Uniti quando è stata abolita la legge che proibiva i matrimoni interraziali. O in Italia quando si discuteva della legge sul Divorzio. Oggi sappiamo che per i figli è decisamente peggio vedere i genitori litigare e farsi male ogni giorno.

Io capisco questa paura, ma non possiamo restare fermi. Noi abbiamo due bambine siamo in Famiglie Arcobaleno e quindi vediamo cosa succede, ma, ripeto è la stessa paura che hanno avuto le prime coppie che hanno divorziato. Anche allora utilizzavano lo spauracchio della società e di quello che avrebbero dovuto sopportare i figli.Le neo mamme con le gemelle

Secondo me è una paura che dobbiamo affrontare insieme, con il senso del sociale, parlandone, esaminando i dubbi e i timori; sicuramente non dobbiamo nascondere la testa sotto la sabbia, soprattutto perché questi figli già esistono e sono una realtà anche in Italia.

Sappiamo che le persone meschine esistono e avrebbero da ridire anche se io avessi un marito, o se mio figlio fosse di colore. Se poi incontreremo la maestra meschina e gretta vorrà dire che cambieremo scuola.

Noi dobbiamo essere abbastanza forti da sostenere i nostri figli che devono crescere in un contesto affettivo allargato a nonni, zii, fratelli, amici perché sicuramente la nostra famiglia è diversa da quella tradizionale. Però noi sappiamo che i problemi ci sono in tutte le famiglie e che quelle rappresentate nella pubblicità del Mulino Bianco sono davvero poche.



La situazione italiana

 

D. Come giudichi la situazione italiana?
R. Ormai i politici italiani hanno grandi difficoltà a contestare la nostra richiesta di diritti per quanto riguarda il matrimonio o comunque le unioni; perfino Giovanardi ha proposto una legge per regolamentare le unioni civili. E visto che sono in gravi difficoltà hanno deciso di alzare il tiro e creare contrasto al nostro interno: per questo hanno spostato l’attenzione sulle adozioni. L’obiezione sull’adozione frena anche il riconoscimento del matrimonio.

Io credo sia opportuno fare chiarezza all’interno del Movimento Lgbtqi perché molte persone ritengono che una coppia omosex non possa crescere dei figli. Pur rispettando il loro pensiero, io consiglio a queste persone di leggere e informarsi, e soprattutto aggiungo evitiamo di farci del male da soli.

In Italia ci sono persone omosessuali che votano a destra, proprio a queste persone ricordo che i diritti civili sono trasversali e anche un partito di destra deve garantire tali diritti. Quindi anche le persone Lgbtqi che votano a destra dovrebbero pretendere dai loro rappresentanti i diritti civili.


D. Credi che prima o poi anche in Italia ci si potrà sposare?
R. In questo momento c’è stata un’accelerata pazzesca scaturita dalla Comunità Lgbtqi presente sui social network. Proprio su Facebook e Twitter c’è molto movimento a favore dei diritti civili delle persone Lgbtqi, ovviamente ci sono anche gli omofobi e vanno contrastati e segnalati.

Forse i politici si stanno accorgendo che la società si sta muovendo in una direzione di libertà e pensano, per puro spirito opportunistico, di cavalcare l’onda.

Da più parti sento parlare di referendum, ma a mio parere l’idea del referendum è una cavolata, i diritti civili non devono essere dati perché li chiede la maggioranza, si tratta di diritti e quindi devono essere riconosciuti indipendentemente dal fatto che a chiederli sia una maggioranza. Il legislatore deve legiferare anche per le minoranze. Il referendum/sondaggio serve solo ai politici per capire quanto voti perdono/prendono con questa iniziativa.Nina e Coe

In Spagna i matrimoni omosex sono stati approvati quando la maggioranza non era d’accordo e la Corte Costituzionale spagnola ne ha confermato la validità.

Alcune leggi vanno fatte prima che la società ne avverta il bisogno, il legislatore è una guida, o meglio dovrebbe esserlo, e dovrebbe prevenire le necessità delle persone.

L’Italia è in ritardo di 20 anni rispetto agli altri Stati, quindi adesso si può approvare solo il matrimonio.

E poi non ha senso parlare di matrimonio civile o religioso. L’istituzione del matrimonio è laica, è lo Stato a sposare due persone, successivamente, se uno dei coniugi lo desidera si può celebrare la cerimonia secondo la propria fede. Il matrimonio, è un diritto e deve essere garantito.

Anche per le Famiglie Arcobaleno il legislatore dovrebbe tutelare bambini già presenti sul territorio italiano. Ovviamente la maggioranza non sarà d’accordo, ma ancora una volta si tratta di legiferare per tutelare e garantire chi ha già figli. Con il diritto italiano Alessandra è una perfetta estranea per Nina e Cloe. Il legislatore deve tutelare Nina e Cloe, deve fare in modo che Alessandra sia considerata un genitore. In altri termini la legge deve tutelare i figli delle famiglie omogenitoriali già esistenti.

Infine, io chiedo che venga lasciata la libertà a una persona adulta di decidere se è in grado di fare/adottare figli e se è in grado di crescere questi figli. Non è possibile negare questa opportunità, le coppie etero fanno figli normalmente senza porsi tutti questi interrogativi. Negare l’adozione solo in base a una paura mi sembra riduttivo, inoltre negare i diritti ai figli già esistenti li mette in una condizione di svantaggio e li penalizza. Senza legge si incentivano e avvalorano proprie quelle paure che si vorrebbero evitare. Una legge ad hoc garantirebbe una qualità di vita migliore a Cloe, Nina e tutti gli altri figli di coppie omosex.

 

D. A tuo parere, la responsabilità della mancanza di diritti è da addebitare totalmente allo Stato e ai politici italiani, o pensi che anche le associazioni Lgbtqi abbiamo commesso errori?
Le associazioni sono composte da persone che hanno tentato di fare quello che potevano, ma io credo che dobbiamo responsabilizzarci individualmente, ci dobbiamo svegliare, non possiamo affidarci alle associazioni per abbattere i pregiudizi.

I pregiudizi si abbattono tutti i giorni nella vita quotidiana.

Sicuramente i politici non stanno facendo niente e forse le associazioni si sono un po’ sedute, solo alcune rimangono più combattive. Ritengo che ci sono movimenti creati da blogger, associazioni piccole, e singole persone che sono molto più Nina e Cloe con la mamma
incisive e credo che questi contribuiranno attivamente al cambiamento.

Questo fervore è in atto da circa due anni e sono convinta che presto sarà motore di una grande comunicazione virale.

 

D. A tuo parere è corretto che ci sia una cultura Lgbtqi, ad esempio libri a tematica omosex, o questo rischia di ghettizzare le persone, soprattutto in Italia dove le arti – letteratura, cinema, musica- sono già una Cenerentola?
R. Penso che una cosa non escluda l’altra. Tutto quanto riguarda il nostro mondo ci serve, è come se noi parlassimo con noi stessi, e noi abbiamo necessità di confrontarci tra di noi e capire dove vogliamo andare e come cambiare la realtà.

Non lo trovo ghettizzante se questo convive anche con una comunicazione più ampia che arriva a tutti. Sono due momenti diversi che possono, anzi, devono convivere.

La verità è che quando non ci sarà più bisogno di questi “ghetti” vorrà dire che la battaglia sarà stata vinta.

Infine, cinema e televisione arrivano a una platea più ampia e possono quindi aiutare e sollecitare il cambiamento. Ad esempio, una sit-com come Tutti pazzi per amore, trasmessa da Rai1 in prima serata che ha proposto bene e in più puntate una storia omosessuale, ha probabilmente fatto molto più di un intero gay pride, mandando un messaggio comprensibile e positivo direttamente dentro le case di milioni di famiglie italiane; ma certamente una cosa non deve escludere l'altra.
Marinella Zetti

 

 


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