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40 anni positivi dalla pandemia di Aids a una generazione HIV free
Sono passati quarant’anni dalla pubblicazione sul New York Times di un articolo che documentava l’arrivo di una nuova e sconosciuta malattia poi identificata con AIDS, acronimo di “Sidrome da Immunodeficienza Acquisita”. Per celebrare quattro decenni di battaglie nei confronti dell’infezione da HIV, la Galleria dei Frigoriferi Milanesi a Milano ospita, dal 12 novembre al 5 dicembre 2021, la mostra “40 anni positivi. Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free”. Promossa e organizzata da Milano Check Point, con il supporto di ALA Milano Onlus, Anlaids sez. Lombarda, ASA Milano Onlus, CIG – Arcigay Milano, Fondazione LILA Milano Onlus e NPS Italia Onlus e Simit Lombardia, col patrocinio del Consiglio Regionale di Regione Lombardia, del Comune di Milano, Assessorato alla Cultura e Assessorato al Welfare e Salute. “40 ANNI POSITIVI – dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free” nasce non solo dall’esigenza di ricordare, ma da un bisogno di un racconto collettivo che ponga nello stesso livello una storia e una visione. Infatti, propone documenti d’archivio, manifesti, opere d’arte, campagne pubblicitarie che raccontano la grande rivoluzione della cura e dello sviluppo della ricerca scientifica che, grazie ai movimenti di resistenza della società civile, nati negli Stati Uniti nei primi anni ottanta, diffusi poi anche in Europa e in Italia, ha visto radicalmente modificato il proprio corso a cambiare l’approccio verso una medicina partecipata e di prossimità. Nella Galleria dei Frigoriferi Milanesi ciascun linguaggio comunica e si intreccia con l’altro, sottolineando non solo il didascalico susseguirsi di accadimenti, ma disegnando la potenza dell’incontro e della contaminazione nella rete. Dal primo articolo di giornale che documenta l’arrivo di una nuova sconosciuta malattia negli Stati Uniti, alle prime manifestazioni pubbliche, dalla nascita delle associazioni alle battaglie vinte lungo il percorso. Queste sono alcune delle narrazioni raccontate grazie al materiale d’archivio prdella Fondazione Corriere della Sera delle associazioni milanesi. È così che la visione si concentra da un lato sulla scena statunitense, che ha dato un importante impulso a quella europea, dall’altro sull’Italia ed in particolar modo sulla città di Milano. Rock Hudson, Pier Vittorio Tondelli, Freddie Mercury, Magic Johnson, Bruce Richmann e Gareth Thomas sono i volti che faranno da simulacro a tutte quelle persone che sono morte nell’ombra o che ancora oggi rimangono invisibili. Ciascuno di loro, nella propria vita, in maniera estremamente diversa - ma per tutti iconica - ha contribuito a determinare un salto verso l’autodeterminazione e verso l’abbattimento dello stigma che ancora oggi pesa sulla vita delle persone che vivono con HIV. Le opere d’arte si intrecciano alla narrazione: diventano opere gli stessi corpi e vite, esposte nei luoghi dell’arte come nella battaglia contro stigma, paura e discriminazione. Così è stato per Larry Stanton, presente in mostra con i suoi ultimi ritratti del 1984 e David Wojnarowicz con “Last Night I took a man”, vera e propria poesia visiva con un forte impatto di denuncia politica e di rivendicazione corporea. È anche grazie a loro che altre voci dell’arte hanno deciso di esprimersi offrendo la propria voce e unendosi alle community che via via nascevano, negli Stati Uniti, come in Europa. Niki De Saint Phalle con AIDS: “You Can't Catch It Holding Hands” rappresenta una di queste voci. Anche la comunicazione visiva si fa coinvolgere con le campagne pubblicitarie di Benetton, dedicate all’AIDS, firmate Oliviero Toscani e con la fotografia di Therese Frare scattata all’attivista David Kirby, che si rese disponibile a essere immortalato negli ultimi momenti della propria vita come estremo gesto politico. Durante le nostre ricerche negli archivi delle associazioni sono emerse alcune fotografie scattate all’Ospedale Sacco di Milano realizzate da un fotografo anonimo, che documentano la dimensione intima della cura all’interno dell’ospedale, negli anni più bui della pandemia. Il Names Project AIDS Memorial Quilt, La Coperta dei Nomi, dagli anni Ottanta nasce come risposta contro lo stigma. In quegli anni spesso lepersone che moriva[1]no di AIDS avevano difficoltà a ricevere i funerali: da un’idea di Steve Jones, inizia nel 1986 la tradizione di realizzare pannelli di stoffa su cui erano impressi pensieri e disegni per commemorare amici e familiari mancati. Il progetto nasce a San Francisco e dal 1990 si avvia anche in Italia: ASA Milano ne è la referente italiana. Uno spazio intimo gli è dedicato nel percorso, con un’installazione immersiva delle coperte che si posiziona proprio a cavallo di un momento storico centrale. Il 1996 rappresenta infatti un anno di grande svolta grazie alla scoperta della nuova combinazione di più farmaci antiretrovirali, la HAART che si è rivelata efficace, riducendo drasticamente la mortalità. E in quegli anni ci sono le lotte degli attivisti affinché la terapia sia accessibile a tutti. 40 anni positivi è anche uno spazio sonoro, realizzato attraverso due opere audio e la composizione dei diversi documenti audio-video presenti in mostra, come i preziosissimi documenti provenienti dall’Archivio GLBT Historical Society. A Broken Silence e Silent/Listen sono due lavori audio con cui nel 2005-2006 il Collettivo Ultra-red ha rilanciato l'attenzione e il dibattito intorno a HIV/AIDS. Questo lavoro collettivo è stato reso possibile grazie all’incontro fortunato di persone diverse, che hanno sentito la necessità di costruire questa narrazione, mettendo insieme le loro unicità per raccontare 40 anni di storia incredibile, che ognuna a suo modo si è trovato a percorrere. Come potete immaginare è impossibile riassumere 40 anni di lotte, lutti, vite in un articolo, per questo vi consiglio di visitare la Mostra.
DOVE COME QUANDO Milano, novembre 2021 40 ANNI POSITIVI. Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free
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Sabato, 27 Aprile 2024 11:25:27 CercaThis Web Site can be translated to your language:
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