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Diritti in transito

 

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Il saggio di Anna Lorenzetti analizza in modo chiaro
la condizione giuridica delle persone transessuali.
E nell’intervista all’autrice scopriamo che…








 

 

“Il transessualismo è la condizione umana di chi non si riconosca nel proprio corpo e voglia perciò adeguare la propria esteriorità al genere percepito sul piano psicologico. Si tratta quindi di un tema che consente di osservare l’universo giuridico attraverso un prisma del tutto particolare”.

Si legge nell’ultima di copertina di Diritti in transito, il saggio di Anna Lorenzetti edito lo scorso anno da Franco Angeli.
Il lavoro di Lorenzetti è molto articolato e approfondito ed esamina il tema dal punto di vista giuridico soffermandosi sui vari aspetti: lavoro, salute, vita familiare. Un capitolo è dedicato alla situazione internazionale senza ambire a proporre in dettaglio gli ordinamenti giuridici stranieri, si propone di individuare le possibile via per il superamento dei limiti mostrati dalla tutela dei diritti transgender nel nostro Paese.
Il saggio è disponibile in versione cartacea ed e-book, lo si può trovare in libreria, sul sito dell’editore e nei bookstore online. 

Per comprendere meglio, abbiamo rivolto alcune domande all’autrice.


D. Quali sono principali differenze in merito alla condizione delle persone transgender nei diversi Paesi europei? L'Italia è proprio all'ultimo posto o c'è qualche Paese più arretrato? E per contro, qual è il Paese che offre maggiori tutele alle persone transgender?
R. La condizione transgender è regolata in modo molto differente nei diversi Paesi europei e non. 
Restando nel contesto europeo, in alcuni ordinamenti, ad esempio la Svezia, il transessualismo è considerato un fattore di discriminazione autonomo e ha proprie tutele e garanzie.
In alcuni Stati non vi sono affatto normative, per cui il cambiamento di sesso è sostanzialmente impedito -ad esempio in Cipro, Grecia, Irlanda, Malta- e le persone che decidono di operarsi all’estero non sono riconosciute giuridicamente nella nuova identità.
Talvolta, per essere riconosciuta nel genere di elezione, alla persona transgender coniugata che intraprende il percorso di riassegnazione del sesso, è richiesto, in via preventiva, di aver ottenuto una pronuncia di divorzio.
Solo in pochi Stati è consentito di mantenere il vincolo coniugale, ad esempio Austria, Belgio, Finlandia, Olanda. 
Quanto all’assistenza sanitaria, si rinvengono alcune realtà particolarmente sensibili che consentono l’accesso alle terapie psicologiche eanna-lorenzetti
ormonali
anche per le persone di minore età, quali ad esempio Belgio, Germania, Olanda.
In alcuni Paesi, i costi dell’intervento chirurgico non sono coperti dal servizio sanitario ponendo un ostacolo nell’accesso a tali trattamenti a causa del loro elevato costo.
Dunque, la legge italiana (164/1982) e il contesto nazionale non sono certamente quelli meno garantisti. In molti Paesi non europei le persone transessuali vengono addirittura perseguitate e imprigionate.
Tra le normative più garantiste, vi sono quelle - come ad esempio la normativa tedesca-  che consentono la cd o “piccola soluzione”, ossia la possibilità di cambiare sesso anagrafico senza doversi sottoporre all’intervento chirurgico. Anche l’ordinamento svedese è molto garantista.

 

 

D. Quali sono i dati più eclatanti emersi dalla vostra ricerca?
R. Il volume si concentra sulla prospettiva costituzionale, mostrando come  un’interpretazione della normativa maggiormente rispettosa della persona, dei suoi desideri e delle sue ambizioni, consentirebbe di porre rimedio a molti degli aspetti critici della legge 164/82.
La legge 164, infatti, nacque sostanzialmente con l’obiettivo di regolarizzare la situazione di chi si era sottoposto all’intervento all’estero e non veniva riconosciuta in Italia nella nuova identità.
Ma non può certo dirsi che offre piena garanzia alla condizione trans.
Non offre tutele verso quant* non vogliano o non possano sottoporsi all’intervento. Queste persone vengono di fatto “obbligate” a vivere con un sesso anagrafico disallineato al genere (anche se recentemente alcuni giudici hanno ammesso il cambiamento anagrafico senza intervento).
La stessa obbligatorietà dell’intervento che non è richiesta dalla legge, ma dall’interpretazione che in questi trent’anni dall’approvazione della legge è stata data, si pone come un’azione invasiva sul corpo e sulla vita delle persone trans.
La legge italiana non prevedealcuna tutela contro le discriminazioni, né contro i crimini d’odio verso le persone trans.
Quello che ho cercato di mostrare nel mio lavoro è in che termini un’interpretazione della Costituzione scevra dai condizionamenti ideologici e valoriali che spesso incidono sul diritto in maniera quasi “nascosta”, impercettibile, garantirebbe una migliore tutela individuale per le persone trans.
Ad esempio, circa la questione del matrimonio e del mantenimento qualora uno dei due coniugi si sottoponga all’intervento e cambi sesso. Nell’ordinamento interno la “soluzione” è sostanzialmente l’imposizione di un divorzio automatico per legge. Ma questa soluzione è determinata dal carattere forzatamente eterosessuale del matrimonio, che è però una costruzione socio-culturale, peraltro non imposta dalla costituzione e che comunque potrebbe essere superata (peraltro, alcuni recenti casi giudiziari hanno esteso le tutele previste per i coniugi anche per le coppie omosessuali).
Anche la questione dell’intervento chirurgico spesso “preteso” a prescindere dalla volontà della persona, che non viene affatto considerata, potrebbe essere riportata su un piano di compatibilità con la Costituzione.
Ildiritto è sostanzialmente fondato sul binarismo sessuale, che riconosce come uniche alternative possibili maschio e femmina. Su questo codice binario M/F è fondato l’ordinamento italiano (come molti degli ordinamenti contemporanei) che non considerano la condizione di chi non si riconosca univocamente nell’uno o nell’altro sesso.
Pur di mantenere il binarismo e di cristallizzare un aspetto comunque convenzionale (il 2% della popolazione ha caratteri intersex e non può essere univocamente ricondotta a uno dei due sessi), la persona viene obbligata a sottoporsi ad un’operazione chirurgica invasiva e irreversibile per “normalizzarsi”, cioè per rientrare in un sesso o nell’altro.
Ma il diritto, né i giuristi si interrogano sul perché della necessità di una corrispondenza fra i caratteri anatomici, il nome, il sesso anagrafico.
L’interrogativo che ho cercato di percorrere voleva appunto comprendere se questa “necessità”, cioè se la necessità di una corrispondenza fra sesso anatomico, sesso anagrafico e nome, potesse prevalere addirittura sui diritti individuali.


 

Diritti in transito
La condizione giuridica delle persone transessuali
di Anna Lorenzetti
Franco Angeli Editore



Chi è Anna Lorenzetti
Si occupa di uguaglianza e questioni LGBT e ha svolto il dottorato di ricerca in Diritto pubblico e comparato nella dimensione europea, con una tesi sul tema della parità di genere nell’accesso ai servizi, presso l’Università di Bergamo. In questa Università, collabora con le cattedre di Diritto costituzionale e Analisi di genere e diritto antidiscriminatorio.



 

 

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