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La decisione del Sindaco Giuseppe Pezzoni ha fatto infuriare le associazioni che operano nella società civile e i Consiglieri di minoranza. Ariella Borghi lo ha definito un atto di forza e “machista” Un altro atto contro le donne si è consumato lo scorso 27 marzo a Treviglio, un piccolo comune con circa 30mila abitanti in provincia di Bergamo. La giunta comunale guidata dal Sindaco Giuseppe Pezzoni (PDL-Lega Nord) ha abolito dallo Statuto comunale le prerogative previste dalle quote di genere, bocciando ben due emendamenti alle modifiche presentati dai consiglieri di minoranza Daniela Ciocca (sottoscritto anche da Ariella Borghi, Simona Bussini e Francesco Lingiardi) e Federico Merisi. Forse è bene ricordare che la città di Treviglio è stato il primo comune italiano a introdurre, nel 1994, su pressione delle realtà femminili locali, le quote di genere a livello statutario (Articolo 1.8).
UN ATTO “MACHISTA” Ma quello che ha fatto nascere molte perplessità tra i responsabili delle associazioni sono le modalità di attuazione della modifica e l’atteggiamento “machista” e muscolare del capogruppo leghista Francesco Giussani, che ha sostenuto di fatto l’inutilità di un dibattito sulla questione affermando “la decisione se non passa stasera, passerà tra un mese”. Nel comunicato congiunto le associazioni esprimono “il più profondo rammarico per l’eliminazione dallo statuto comunale di una istituzione di pura tutela, che nulla toglie ad alcuno ma favorisce l’armonica integrazione delle realtà sociali. Questo fatto, oltre a limitare le garanzie date alle donne in Treviglio, comunica all’esterno, specie nei confronti delle giovani generazioni e delle persone soggette a vario titolo a discriminazione, il profondo senso di uno smacco istituzionale alla propria sensibilità e dignità”. «L’istituzione delle quote di genere (correttamente detta clausola di non sopraffazione tra sessi) – ha sottolineato Stefano Aresi di Articolo 37 Associazione Lesbica, Gay, Trans, Bisex di Treviglio - è stata guadagnata dalle donne con anni di lotte politiche. La giunta non ha evidentemente compreso quanto la parità affermata nei principi si ottenga nella vita reale esclusivamente grazie ad azioni che portino ad un trattamento equo delle parti sociali, il che non significa “identico”, ma flesso a favorire le realtà svantaggiate. Una questione ben nota a chi, pur avendo anni di lotte a sostegno delle donne, non è affatto stato ascoltato». Purtroppo, niente di nuovo sotto il sole, infatti, la difficile situazione della donna in Italia si evince anche dai dati: nei ruoli dirigenziali delle aziende quotate in borsa la presenza femminile si attesta al 6/7%, nelle aziende partecipate esse sono meno di un terzo dei maschi assunti, circa la metà delle donne in età 14-65 anni (10 milioni 485 mila, pari al 51,8 per cento) hanno subito nell’arco della loro vita ricatti sessuali sul lavoro o molestie in senso lato. Infine, nel 2010, in Italia ben 121 donne sono state uccise da uomini che non accettavano la scelta della donna, un esempio per tutti: Silvia Betti, assassinata a Treviglio dal marito il 12 ottobre 2010 per la propria intenzione di separarsi.
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Giovedi, 25 Aprile 2024 16:05:12 CercaThis Web Site can be translated to your language:
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