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Gianfranco Meneo, lo abbiamo incontrato l’estate 2011 al Rainbow Bar, quando abbiamo organizzato la presentazione del suo libro Transgender. Le sessualità disobbedienti, ed. Palomar, un viaggio attraverso quelle sessualità non omologate, ma anche un’occasione per riflettere su omo e transfobia, femminismo, mondo queer.


 

Gianfranco Meneo, 37 anni vive e lavora a Foggia dove insegna in scuole secondarie di II grado. Nel 2009, ai precedenti studi giuridici, ha affiancato l’analisi sociologica delle rivendicazioni di gay, lesbiche e transgender comparandole con le esperienze di altri.
Noi vi consigliamo di leggere il saggio, come aperitivo, per stuzzicare la vostra curiosità, vi proponiamo la breve intervista.

D. Il tuo libro si apre con una lunga intervista a Luana Ricci, è stata la vicenda della musicista leccese a fari venire voglia di scrivere un saggio sulle “sessualità disobbedienti”?
R. No, in realtà questo lavoro è partito come una ricerca condotta sulla base della passione trasmessa da una donna, una studiosa, una femminista: Irene Strazzeri, che mi ha contagiato da un lato con il suo entusiasmo e dall’altro con la sua professionalità, permettendomi di entrare a contatto con idee, studi, analisi che poi ho approfondito giungendo a formulare la mie teorie e, sul versante personale, determinando la persona che sono ora: forte, testardo, pronto a non fermarmi.
L’intervista a Luana, invece, è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Sembrerà esagerato, ma quel giorno ho compreso molto, mi sono soprattutto autocriticato. Luana ha sollevato il velo che m’impediva di guardare decisamente oltre. Mi ero sempre sentito in sospeso fino a quando non ho sentito le sue parole e, rileggendole, ho deciso che avrei tentato, nel mio piccolo che, purtroppo, è piccolo, di offrire un contributo per continuare nell’opera di smascheramento di questi veli che nelle loro stratificazioni impediscono di guardare oltre.
Le sessualità disobbedienti, che considero il vero titolo del mio libro, sono le istanze che io reclamo: una maggiore disobbedienza per compensare quel vuoto normativo, quella anomia che non permette di vivere. Un’aura soffocante che impone agli esseri umani di essere condizionati da altri che, in un gioco perverso, possono disporre delle loro vite, dei loro corpi e, soprattutto, delle loro anime. E questo, in una democrazia, non dovrebbe essere concesso a nessuno. Luana resta per me una persona importante, un’amica per la grande forza che mi ha donato semplicemente parlando.


D. Dall’esperienza maturata nella stesura di Transgender, la gente ritiene che il desiderio sessuale sia necessariamente legato a untransgender genere?
R. Io credo che in Italia viviamo soffocati da due problemi: il cattolicesimo e la rappresentanza politica. La soffocante convivenza con uno Stato estero, ripeto estero: il Vaticano, è una nostra anomalia. La laicità è letteralmente disintegrata all’ombra di un perverso gioco fatto di pesi e contrappesi. La realtà è che ogni individuo che si allontana dalla logica binaria dell’eterosessualità, non può scegliere liberamente e tutto ciò influenza il secondo aspetto del problema: la politica. Quella stessa politica gestita da commedianti mediocri che professano in privato ciò che respingono in pubblico, alimentando un’intolleranza, ghettizzando il desiderio. Io pur avendo una mia convinzione di fede che mi ha aiutato nei problemi della vita, rigetto con tutte le mie forze l’amministrazione della stessa sulla Terra perché credo che chi sceglie il modo di concedere o meno il perdono ad un altro essere umano – essendo disposto a giustificare delitti, violenze, stupri, coprendo pedofili – non possa respingere le istanze di chi chiede di dare un senso cristiano all’amore che, evidentemente, nasce spontaneamente con buona pace di chi vive fissato per il sesso e la riproduzione. Per inciso, non sostengo in alcun modo l’ipotesi che una persona omosessuale debba chiedere il perdono, sono altri che dovrebbero farlo, però non è giusto che la stessa persona sia catalogata addirittura al di sotto della soglia dei perdonabili! È inqualificabile. E poi, la butto come provocazione, perché non ci facciamo tentare da altri Stati esteri che ci circondano, che sui temi in questione sono andati ben oltre?

D. Nel tuo saggio sostieni di non condividere la sigla Lgbtq che suddivide la comunità in categorie ben definite, pensi sia auspicabile una diversa caratterizzazione delle persone queer?
R. È logico che l’acronimo serve ad individuare la lotta da portare avanti con forza, determinazione, coraggio. È pur vero che le istanze sono tante, a volte completamente differenti. Io spero, però, di poter un giorno sentire da qualcuno dei protagonisti della nostra politica, un progetto che, sulla scorta del dettato della nostra Carta Costituzionale, vada a canalizzare i diritti civili non sulle persone, sui sessi, ma superi il concetto per andare su corpi neutri che meritano di essere riconosciuti nelle loro istanze in quanto cittadini, componenti di uno Stato; altrimenti la stessa comunità lgbt dovrebbe poter essere libera di non partecipare alla vita del Paese, di non essere considerata solo un serbatoio di voti, se in definitiva beneficia solo di una parte dei servizi da questo concessi. Credo che superare le categorie per entrare in un’ottica di riconoscimento di diritti sui corpi e non più sui generi, sul semplice fatto di appartenere allo Stato sia la strada per l’ottenimento di diritti universalmente applicabili erga omnes. In tal modo si potrebbe abbandonare la logica eterosessista che condiziona le nostre esistenze. È un’opinione, sicuramente contestabile, ma fattibile. Il dilemma resta su chi avrà il coraggio e il successivo supporto, in termini numerici, per trasformare tutto questo in realtà giuridica. 
M. Z.



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