Matrimonio... per chi?

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Matrimonio... per chi?
oppure potremmo chiederci: Matrimonio... di chi? sottintendendo che questa particolare forma di contratto sia in effetti proprietà di "alcuni".
Perchè, in effetti, la mancata modifica della legislazione relativa al matrimonio se da una parte complica l'esistenza delle coppie non-etero, guardata da altro punto di vista, si rivela una strumentalizzazione orchestrata a modo...



 

In un Paese in costante e crescente stato di Recessione, è possibile accantonare il dibattito sui Diritti?
A questo riguardo vorrei precisare che per me c'è un unico Diritto, quello della Persona. Senza “se” e senza “ma”, e soprattuttomatrimonio-gay
senza distinzioni di genere, di sesso, di etnia o di età anagrafica.

Per chi si occupa di affermare il Diritto della Persona, comunque, questo è un tempo particolare; spesso mi sento argomentare: non c'è lavoro, la gente fa fatica anche a mangiare, cosa vuoi che interessino i tuoi discorsi sul Diritto!

Io credo, invece, che sia proprio questo il Tempo giusto per rivendicare il Diritto della Persona, che non è soggetto frammentato, o variamente composito, che non si nutre di solo pane ma anzi...
Dobbiamo riapprendere a guardare alla Persona nella sua totalità se vogliamo uscire da questa condizione che, giorno dopo giorno, ci sta spingendo verso una condizione primordiale, di mera sopravvivenza.


Per me, ad esempio, vi sono nell'esistenza delle priorità irrinunciabili e tra queste vi è la scelta della persona con la quale condividere la vita. Nella società nella quale sono nata e vivo la condivisione della vita viene regolata da un contratto normato e regolato da leggi stabilite dallo Stato: il matrimonio.

Il mio Diritto di Persona, e quindi la mia Libertà personale, viene quindi regolamentata (disciplinata, controllata e assoggettata) dal canone legislativo vigente. Da diversi anni in ambito internazionale si è intrapreso un cammino volto a modificare la legislazione inerente il matrimonio, cammino che ha portato a creare una modifica sostanziale nella definizione dei soggetti coinvolti nell'atto del matrimonio che, nella quasi totalità dei Paesi occidentali, non sono più solo maschio e femmina (uomo e donna), ma qualsiasi individuo di età adulta.

Nonostante i ripetuti richiami dell'Unione Europea, l'Italia mantiene una legislazione che consente il matrimonio solo tra due individui di genere diverso (maschio e femmina).

A fasi alterne, si torna periodicamente a parlare del cosiddetto matrimonio omosessuale generando nella maggior parte della popolazione reazioni di insofferenza.

C'è chi ricorre alla Costituzione Italiana, forzandone l'interpretazione e dichiarando che per far sposare gli omosessuali si dovrebbe modificare la Costituzione. Falso!... ma vedremo più avanti perché.

Ma qui il tema non è il matrimonio omosessuale (seppure da anni andrebbe affrontato e permesso, come un qualsiasi contratto che deve riguardare tutti i cittadini di questo Stato, e non solo una parte), bensì il Diritto della Persona a decidere della propria esistenza, fatto salvo il rispetto del Diritto e dell'esistenza dell'altro.

Mi riferisco quindi a tutta quella parte della legislazione che norma (e quindi disciplina, controlla e assoggetta) la vita della Persona. Si usa dire che lo Stato, in questo modo, svolge un'azione di tutela (e quindi difende, protegge e salvaguarda) a vantaggio dei suoi cittadini, ma io mi chiedo quanto di codesta tutela non finisca poi per essere solo un agire volto a tutelare solo gli interessi di una parte.

 

Lo stesso discorso che oggi facciamo sul matrimonio, lo potremmo svolgere sull'eutanasia, sul diritto di asilo e quindi sul riconoscimento di cittadinanza, e così via.
Chi tutela lo Stato quando impedisce a un suo cittadino di scegliere per se stesso l'eutanasia?

Ma ci tornerò nelle conclusioni di questo mio intervento che, mi scuso sin d'ora, è per forza di cose abbastanza esteso.


LA STORIA

Partiamo dall'inizio...
«La parola matrimonio deriva dal latino matrimonium, ossia dall'unione di due parole latine, mater, madre, genitrice e munus, compito, dovere; il matrimonium era nel diritto romano un "compito della madre", intendendosi il matrimonio come un legame che rendeva legittimi i figli nati dall'unione. Analogamente la parola patrimonium indicava il "compito del padre" di provvedere al sostentamento della famiglia.» (definizione tratta da wikipedia, ma troverete l'identica spiegazione su qualsiasi dizionario etimologico)

Dunque a seguire questa definizione il matrimonio è il “compito della madre”.

Se poi ci si sofferma sulla definizione di famiglia, e si indaga sull'etimo, anch'esso di origine latina, si apprende che:

«La voce famiglia procede dal latino famīlia, "gruppo di servi e schiavi patrimonio del capo della gens", anche derivato da famŭlus, "servo, schiavo". Nel campo semantico di famīlia sono inclusi anche la sposa e figli del pater familias, a cui appartenevano legalmente.» (ibid)

 

Quindi la più antica legislazione occidentale a riguardo del “matrimonio” non include né alcun dettame etico né alcun principio morale. Non vi è nessuna componente religiosa né di “principio”.

Per chi fosse interessato ad approfondire, in calce è inserita una ulteriore precisazione.

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Durante il
Concilio di Trento (1545-1563) -un Concilio fondante per il Cattolicesimo romano, e non solo- la Chiesa si arrogò il diritto esclusivo di “interprete” del messaggio (dottrina/dogma) cristiano e pose quindi le basi di quella sudditanza secolare alla quale tutti noi siamo ancora soggetti.

L'11 novembre 1563, durante la XXIV sessione del Concilio, ci si “(...) soffermò invece sul sacramento del matrimonio, considerato indissolubile secondo l'insegnamento di Cristo, e stabilì le norme per un eventuale suo annullamento; venne poi confermata e resa vincolante l'usanza del celibato ecclesiastico.” (tratto da wikipedia)
Ma la Chiesa di Roma aveva già messo le mani sul matrimonio, infatti durante il Concilio Lateranense IV (1215) e nel successivo Concilio di Firenze (1439) aveva ampiamente legiferato a riguardo.

Ed è proprio nel corso del Concilio di Firenze che il matrimonio era stato definito sacramento...
Nell'VIII Sessione (22 novembre 1439) - la Bolla di unione degli Armeni - venne infatti stabilito: 
«Settimo è il sacramento del matrimonio, simbolo dell'unione di Cristo e della chiesa, secondo l'apostolo, che dice: Questo sacramento è grande; lo dico in riferimento al Cristo e alla chiesa. Causa efficiente del sacramento è regolarmente il mutuo consenso, espresso verbalmente di persona. Triplice è lo scopo del matrimonio: primo, ricevere la prole ed educarla al culto di Dio; secondo, la fedeltà, che un coniuge deve conservare verso l'altro; terzo, la indissolubilità del matrimonio, perché essa significa la unione indissolubile di Cristo e della chiesa. E quantunque a causa della infedeltà sia permesso separarsi, non è lecito, però, contrarre un altro matrimonio, poiché il vincolo del matrimonio legittimamente contratto è eterno.» (leggi il testo integrale →)


LA COSTITUZIONE ITALIANA

E ora arriviamo alla tanto discussa Costituzione del 1948 che dedica tre articoli a riguardo.

Art. 29: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare".

Art. 30: "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità".

Art. 31: "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo".

 

Appare evidente che a questo punto ci si interroghi sul significato di “coniuge”...
Ricorrendo sempre al dizionario etimologico, leggiamo che “coniuge” «(...) deriva dal lat. coniux -ŭgis, der. di coniungĕrematrimonio-gay-4
“congiungere”
»(dal vocabolario Treccani), ma continuando a leggere scopriamo che: «(...) Ciascuna delle due persone unite in matrimonio, considerata rispetto all’altra e in modo indeterminato, senza cioè precisare se si tratti del marito o della moglie (è raro infatti il femm. la coniuge)». Questo commento, certo, è solo quello che ci offre il compilatore del celebre dizionario, ma credo sia importante sottolineare che il ricorso all'etimologia non risolve il tema.

O meglio: nega che sia necessario modificare la Costituzione Italiana per poter legiferare in merito al Matrimonio.
Difatti siamo di fronte a un loop, a un circuito chiuso che rimanda a un percorso infinito, senza soluzione: il matrimonio è un contratto che riguarda i “coniugi” e il coniuge è colui/lei che è “congiunto”...


 

CONCLUSIONI
Il discorso potrebbe essere di certo più ampio ed avere molteplici approfondimenti, ma io vorrei portare -in questa mia conclusione- un ulteriore elemento di riflessione: la contraddittorietà del sistema legislativo italiano attuale.
Nelle scorse settimane la Corte di Cassazione si è espressa sul caso di Alessandra Bernaroli, la transessuale che si era vista imporre (prima dal Comune di Bologna, poi dalla Corte d'Appello) il divorzio dalla sua coniuge una volta completata la transizione dall'identità maschile a quella femminile. La Suprema Corte ha rinviato la decisione alla Corte Costituzionale sollevando dubbi su questo “divorzio imposto dallo Stato”.Ne ha diffuso la notizia l'Ufficio stampa Arcigay de Il Cassero di Bologna (→vai al sito del Cassero).


In parallelo occorrerebbe citare peraltro la numerosa casistica opposta, e cioè tutte quelle coppie -formate da almeno una persona transgender- che dopo la transizione di uno o più componenti la coppia in un genere diverso da quello biologico, vivono ancora nel vincolo matrimoniale; in questo modo vi sono nel nostro Paese persone che pur appartenendo allo stesso genere sono legalmente sposate. 

Ma come, allora a nostra insaputa anche in Italia c'è l'istituto del matrimonio omosessuale?
Una persona transgender FtoM (da Femmina biologica a Maschio), sposata con un uomo, per la legge italiana resta coniuge perché il divorzio -in molte circostanze- non è contestuale all'atto di riassegnazione di genere, ma necessita di un successivo atto.
E dei figli (naturali, di primo/secondo/...letto, adottati, ect...) di una coppia, ne vogliamo parlare?

Allora, tornando al principio di questo mio lungo ragionamento, quando noi ci interroghiamo sul negozio del matrimonio non facciamo altro che entrare con zampe di elefante in una fragilissima cristalleria, quella che metaforicamente è il Diritto della Persona.


eutanasia
Per come la vedo io, oggi in Italia occorre portare l'attenzione e l'impegno di tutti sulla salvaguardia del Diritto della Persona, ed operare ed agire affinché né autoritarismi né egoismi individuali, né interessi di casta né fondamentalismi pseudo-religiosi impongano ancora frammentazioni e accrescano intolleranze e particolarismi.

È nel solo interesse di Caste e gruppi di potere creare un labirinto nella conoscenza, alimentare la confusione e la precaria divulgazione delle conoscenze. A questo dobbiamo opporci impegnandoci personalmente, senza lotte partigiane, tralasciando interessi individuali, ma avendo sempre ben chiaro che il matrimonio omosessuale equivale nel senso del Diritto all'eutanasia, come anche alla libera cittadinanza e a qualsivoglia Diritto della Persona, sia essa maschio, femmina, transgender, intersessuale, alto, basso, sano o diversamente abile, bianco, di colore, giovane, vecchio, ricco o povero.
Grazie per l'attenzione,
Flaminia


 


 

 

 




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nota 1

Il matrimonio nel diritto romano era essenzialmente una situazione di fatto da cui l'ordinamento faceva discendere gli effetti civili. La forma non era disciplinata. I suoi presupposti erano la convivenza dell'uomo e della donna e la capacità di agire degli sposi, il conubium, che non tutti avevano, differentemente dal diritto moderno. Nel diritto romano arcaico vi erano tre forme tradizionali:

  • la coemptio, la forma nettamente più diffusa, nella quale il padre plebeo metteva in atto una vendita fittizia della figlia, così emancipandola, al marito. Era una cerimonia di tipo civile, adattamento di un contratto di compravendita, la mancipatio, in cui si sostituiva all'acquisto della proprietà su beni materiali, l'acquisto dell'autorità maritale sulla donna;

  • la confarreatio, forma minoritaria, scelta dai patrizi e da chi aspirava a cariche religiose, nella quale gli sposi facevano offerta di una torta di farro a Giove Capitolino, alla presenza del sommo pontefice e di chi officiava il rito, il Flamen dialis. Era un matrimonio di tipo religioso;

  • l'usus: la coabitazione ininterrotta di un anno di un plebeo con una patrizia. Era considerato un matrimonio legale di tipo civile.

In epoca repubblicana queste formalità andarono regredendo fino a scomparire in età imperiale. Dapprima scomparve l'usus, abolito definitivamente probabilmente da Augusto, poi la coemptio, scomparsa già nel I secolo a.c. e infine la confarreatio, cerimonia scomparsa anche tra i patrizi nel I sec. d.c.

A queste forme tradizionali si sostituì una forma più rituale, ma diffusa a tutti gli strati sociali, che era preceduta da un periodo più o meno lungo di fidanzamento, nella quale il fidanzato regalava un anello alla fidanzata e i promessi sposi si regalavano dei doni. La funzione era preceduta da un complesso rituale di vestizione della sposa, alla cui conclusione riceveva a casa sua lo sposo, i suoi familiari, i numerosi testimoni (anche 10) L'auspex, procedeva al sacrificio di un animale (maiale, pecora o bue) e all'esame delle viscere, per verificare il favore degli dei. Quindi in silenzio gli sposi pronunciavano la formula Ubi tu gaius, ego Gaia. Seguivano i festeggiamenti. Al loro termine la sposa veniva condotta da tre sue amiche a casa dello sposo, preceduta da un corteo condotto da tre amici dello sposo.

Il cristianesimo conservò gran parte di queste usanze, eliminando gli elementi che più richiamavano il paganesimo, come il sacrificio animale. All'aruspice si sostituì il sacerdote, quando questa figura emerse tra gli stessi cristiani. Restò l'essenzialità dello scambio del consenso. La cerimonia cristiana rimase per lungo tempo una semplice benedizione degli sposi. Col Concilio di Trento venne disciplinata dal diritto canonico, mentre nei paesi protestanti cominciò a diffondersi l'esigenza di una celebrazione avente gli effetti civili, distinta dal matrimonio religioso.
(tratto da wikipedia)                                                          torna al testo →