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veduta di treviglio


La decisione del Sindaco Giuseppe Pezzoni ha fatto infuriare le associazioni che operano nella società civile e i Consiglieri di minoranza. Ariella Borghi lo ha definito un atto di forza e “machista”




Un altro atto contro le donne si è consumato lo scorso 27 marzo a Treviglio, un piccolo comune con circa 30mila abitanti in provincia di Treviglio PrideBergamo. La giunta comunale guidata dal Sindaco Giuseppe Pezzoni (PDL-Lega Nord) ha abolito dallo Statuto comunale le prerogative previste dalle quote di genere, bocciando ben due emendamenti alle modifiche presentati dai consiglieri di minoranza Daniela Ciocca (sottoscritto anche da Ariella Borghi, Simona Bussini e Francesco Lingiardi) e Federico Merisi.

Forse è bene ricordare che la città di Treviglio è stato il primo comune italiano a introdurre, nel 1994, su pressione delle realtà femminili locali, le quote di genere a livello statutario (Articolo 1.8).

 


UNA DECISIONE AUTORITARIA
La scelta ha fatto infuriare Ariella Borghi, ex Sindaco di Treviglio, che nel 2010 salì sul palco del Pride, ed ora è consigliere di minoranza.
«Il Sindaco di Treviglio ha eliminato le quote di genere dallo Statuto Comunale con un atto di autorità, - ha spiegato Ariella Borghi - senza consultare né l’Assessora alle Pari Opportunità, né il Consiglio delle Donne, né la propria maggioranza che, sembra ormai certo, si sia trovata di fronte al fatto compiuto. Il Sindaco ha spiegato di averlo fatto per rispetto alle donne perché le quote sono un limite e promettendo che, con l’affermazione teorica del principio della parità democratica, garantirà di alzare l’asticella della partecipazione di genere e il cambio di passo indispensabile per il superamento della “riserva “ in cui le quote chiudono le donne».
«In pratica – ha continuato Borghi - si è presentato dicendo : “Fidatevi di me che sono bravo e buono e sicuramente darò spazio alle donne, fate degli atti di fede che a tutelarvi ci penso io”. E’ anche questo che ha indignato me e tanta altre donne. Noi donne non abbiamo bisogno di benefattori che elargiscono dall’alto concessioni e favori, non vogliamo magnanimità, vogliamo essere protagoniste nella difesa dei nostri diritti …. Da anni combattiamo per la nostra emancipazione, le quote saranno un limite, una “stampella”, ma ce le siamo guadagnate e sono ancora oggi uno strumento necessario per arrivare ad una vera democrazia paritaria».
AriellaBorghi
Ariella Borghi ha definito ancora meglio la sua analisi: «Siamo stanche di paternalismi e di benevolenze che finiscono per mantenerci, come sempre è stato, nel mondo domestico e familiare come “stampelle” indispensabili per tutta la famiglia e per gli uomini in primis. Non cerchiamo protezioni ,ma alleanze di tutte le persone, donne e uomini, di tutte le forze che paritariamente ci accompagnino nell’attuazione concreta dei principi costituzionali che chiedono condizioni di eguaglianza per entrambi i sessi nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive».

 

UN ATTO “MACHISTA”
Ma Ariella Borghi non è stata l'unica a scendere in campo contro la decisione di Giuseppe Pezzoni hanno fatto sentire la loro voce anche molte associazioni che operano nella società civile; in particolare Stefano Aresi di Articolo 37 Associazione Lesbica, Gay, Trans, Bisex di Treviglio, Patrizia Siliprandi di Associazione Donne Scelgono la Prevenzione, Maria Gabriella Bassi dell'Associazione Clementina Borghi, Rosangela Pesenti del Gruppo Sconfinate, Carla Bonfichi di Attivista per i diritti e Patrizio Dolcini componente del direttivo Legambiente Lombardia hanno divulgato un comunicato congiunto per denunciare l'atto di forza compiuto dal Sindaco.
Nel comunicato vengono evidenziate le contraddittorie motivazioni che sono alla base della scelta del Sindaco e vengono denunciati i metodi utilizzati.
«La scelta e le affermazioni del Sindaco – si legge nel comunicato - oltre a dimostrare una totale non-conoscenza delle problematiche lavorative e sociali che la figura femminile vive ancora oggi in Italia e una completa ignoranza dei metodi abitualmente utilizzati nel resto d’Europa per la tutela della donna, della sua dignità e del suo lavoro, giunge a coronamento di un atto che - al di là dei principi di eguaglianza espressi - di fatto rimuove uno dei pochi strumenti utili a garantire nella realtà quotidiana l’uguaglianza affermata».

Ma quello che ha fatto nascere molte perplessità tra i responsabili delle associazioni sono le modalità di attuazione della modifica e l’atteggiamento “machista” e muscolare del capogruppo leghista Franc­esco Giussani, che ha sostenuto di fatto l’inutilità di un dibattito sulla questione affermando “la decisione se non passa stasera, passerà tra un mese”.

Nel comunicato congiunto le associazioni esprimono “il più profondo rammarico per l’eliminazione dallo statuto comunale di una istituzione di pura tutela, che nulla toglie ad alcuno ma favorisce l’armonica integrazione delle realtà sociali. Questo fatto, oltre a limitare le garanzie date alle donne in Treviglio, comunica all’esterno, specie nei confronti delle giovani generazioni e delle persone soggette a vario titolo a discriminazione, il profondo senso di uno smacco istituzionale alla propria sensibilità e dignità”. 

«L’istituzione delle quote di genere (correttamente detta clausola di non sopraffazione tra sessi) – ha sottolineato Stefano Aresi diStefano Aresi Articolo 37 Associazione Lesbica, Gay, Trans, Bisex di Treviglio - è stata guadagnata dalle donne con anni di lotte politiche. La giunta non ha evidentemente compreso quanto la parità affermata nei principi si ottenga nella vita reale esclusivamente grazie ad azioni che portino ad un trattamento equo delle parti sociali, il che non significa “identico”, ma flesso a favorire le realtà svantaggiate. Una questione ben nota a chi, pur avendo anni di lotte a sostegno delle donne, non è affatto stato ascoltato».

Purtroppo, niente di nuovo sotto il sole, infatti, la difficile situazione della donna in Italia si evince anche dai dati: nei ruoli dirigenziali delle aziende quotate in borsa la presenza femminile si attesta al 6/7%, nelle aziende partecipate esse sono meno di un terzo dei maschi assunti, circa la metà delle donne in età 14-65 anni (10 milioni 485 mila, pari al 51,8 per cento) hanno subito nell’arco della loro vita ricatti sessuali sul lavoro o molestie in senso lato. Infine, nel 2010, in Italia ben 121 donne sono state uccise da uomini che non accettavano la scelta della donna, un esempio per tutti: Silvia Betti, assassinata a Treviglio dal marito il 12 ottobre 2010 per la propria intenzione di separarsi.
Marinella Zetti