Moi, per superare il silenzio

  • Stampa

 

moilogo

Musulmano e omosessuale? Impossibile! Transessuale e musulmana? Inconcepibile!
Invece esistono e per questo è nato Moi, ne parliamo con Pier Cesare Notaro, coordinatore del progetto.





 

Al di là del pregiudizio, lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer di fede musulmana sono una realtà, anche se troppo spesso sono ridotti al silenzio e all'invisibilità. Anche loro, come tutti gli esseri umani, hanno diritto a vivere e manifestare liberamente la propria identità sessuale e religiosa.

Così, nel 2011 è nato Moi- Musulmani Omosessuali in Italia- il primo progetto italiano di media-attivismo, cultura, ricerca ed informazione che punto ad essere un primo punto di incontro e confronto tanto per le persone LGBTQ* di religione, cultura o famiglia musulmana, nate o immigrate in Italia, quanto per chiunque creda nel rispetto per ogni orientamento sessuale e religioso. Moi aderisce a CALEM-Confederazione delle associazioni LGBTI europee e musulmane- e collabora con MPV-Musulmani per i valori progressisti- e con INIMuslim-Rete internazionale per i musulmani inclusivi.

Per saperne di più Pianeta Queer ha rivolto alcune domande a Pier Cesare Notaro, coordinatore del progetto.


D. Come e perché è nato Musulmani Omosessuali in Italia?
R. Il nostro progetto è partito da una constatazione molto semplice: in Italia non esisteva alcuno strumento di incontro e di confronto per le persone LGBTQ* di religione islamica o comunque provenienti da famiglie o da paesi musulmani. L'invisibilità di omosessuali, transgender e queer musulmani era talmente profonda che queste persone, per l'opinione comune, semplicemente non potevano esistere. Tanto per fare un esempio: uno dei principali siti web gay scriveva che Islam e omosessualità sarebbero "due concetti agli antipodi per natura". Eppure nel nostro gruppo di amici, provenienti da vari angoli del mondo, c'era più di un gay di fede musulmana. E quindi ci è sembrato naturale creare noi quello che mancava, cioè un luogo in cui si potesse dire: "Esistiamo"…


D. Come è stato accolto il vostro movimento all’interno della comunità musulmana?pier-cesare-notaro
R. Se parliamo del livello più o meno istituzionale, semplicemente il nostro progetto è stato ignorato. A
parte un imam che ci ha scritto una lettera di apertura, non abbiamo mai ricevuto risposte ai nostri tentativi di aprire un dialogo. Diverso è il discorso se parliamo dei singoli individui: se da una parte ogni tanto arriva qualche messaggio di condanna personale, dall'altra il nostro sito è letto e seguito anche da alcuni musulmani eterosessuali del nostro Paese, soprattutto donne.


D. A chi si rivolge a MOI?
R. Il nostro progetto ha contatti con persone molto diverse tra loro. Prima di tutto, rappresenta spesso l'unico canale con il quale le persone LGBTQ* musulmane in Italia possono affermare la propria esistenza e "scoprire" che la propria esperienza di vita non è unica al mondo. Questo è un passaggio talmente importante e per il quale le occasioni sono talmente rare che, con nostra grande sorpresa, abbiamo constatato che il progetto sta interessando sempre di più persone provenienti da tutto il mondo, che spesso per leggere quello che scriviamo devono ricorrere a strumenti come Google Translate... Ci siamo poi inseriti in una rete internazionale di attivisti e associazioni, sviluppatasi tra Paesi musulmani e comunità immigrate in Occidente, attraverso la quale ci scambiamo informazioni e consigli e spesso nascono rapporti di amicizia. A noi si rivolgono anche associazioni e attivisti del movimento arcobaleno che vogliono capire meglio la realtà delle persone LGBTQ* musulmane e/o immigrate e anche studenti universitari che vorrebbero svolgere ricerche sul rapporto tra Islam e sessualità.


D. Quali rapporti avete con il movimento Lgbtqi italiano? E in particolare con i gruppi di altre fedi religiose?
R. Abbiamo ottimi rapporti con alcune realtà, principalmente con quelle che si occupano di tematiche che in qualche modo si sovrappongono alle nostre, come la rete MigraBo', dedicata ai migranti LGBTQ* e radicata principalmente a Bologna, o il gruppo dei credenti omosessuali Il guado di Milano.
Alcune associazioni LGBTQ* si stanno dimostrando molto attente: ad esempio, siamo stati appena ospiti del circolo Arcigay di Padova, con il quale il dialogo promette molto bene. In generale, però, abbiamo molti più rapporti con realtà estere che con le organizzazioni del movimento arcobaleno in Italia. Certe aree geografiche, come l'Africa o l'Asia, non destano grande interesse e certe tematiche, come il razzismo e l'immigrazione, vengono sottovalutate o persino vissute con fastidio. In contrasto con il livello più istituzionale, l'interesse delle persone sembra invece forte e in crescita, come dimostra il numero sempre crescente di persone che si rivolgono a noi e anche quello dei visitatori quotidiani del nostro sito, che in due anni sono più che decuplicati.


D. Quali sono i progetti per il futuro?
R. Non abbiamo progetti specifici per il futuro: semplicemente ci auspichiamo che il piccolo gruppo che porta avanti il progetto possa espandersi - e conviene ricordare che siamo aperti al contributo di tutti, senza preclusioni legate alla religione, all'etnia, all'orientamento sessuale o all'identità di genere. Per il resto, vogliamo continuare a coltivare contatti e amicizie, a sostenere le reti formali e informali che si stanno espandendo in tutto il mondo, a provare a tappare i buchi lasciati aperti dall'informazione LGBTQ* italiana sul mondo non-occidentale e a proporre spunti di riflessioni un po' diversi da quelli a cui siamo abituati. E speriamo in futuro di poter collaborare con più realtà, anche sul web.