Lavoro LGBTQI, per CGIL tanta discriminazione, poche denunce

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nuovi diritti

A metà ottobre Arcigay ha presentato la ricerca Io sono io lavoro sulla discriminazione sul lavoro delle persone Lgbtqi. Dallo studio, tra l’altro, emerge un dato piuttosto preoccupante: le persone non dichiarano la propria omosessualità per paura di vessazioni e discriminazioni. 



Per commentare a approfondire quanto emerso della ricerca, abbiamo coinvolto Salvatore Marra che, presso CGIL Roma e Lazio, si occupa di antidiscriminazione per orientamento sessuale e identità di genere come responsabile dell’Ufficio Nuovi Diritti, di politiche delle disabilità e politiche giovanili. Inoltre Marra è stato relatore in Italia e all’estero in numerosi convegni, fra cui eventi organizzati dalla Commissione Europea, dalla CGIL nazionale, la Confederazione europea dei Sindacati e dal Forum Mondiale per l’Economia Responsabile di Lille.


D. Recentemente è stata presentata la ricerca Io sono io lavoro di Arcigay sulla discriminazione delle persone lgbt sul posto di lavoro, ritiene chesalvatore marra i dati emersi fotografino in modo corretto tale realtà?
R. La ricerca svolta da Arcigay ha il pregio di dare finalmente risposta al cosiddetto fenomeno dell’”under-reporting” più volte lamentato sia a livello italiano che europeo circa il fenomeno delle discriminazioni. L’unica differenza è che, mentre a livello europeo vengono messi a disposizione dei fondi per svolgere ricerche di questo tipo nell’ambito delle discriminazioni, in Italia le istituzioni non fanno assolutamente nulla. In tal senso la ricerca svolta dall’Arcigay ha il pregio di fornire dei dati circa il fenomeno discriminatorio nei confronti delle persone lgbt nel mondo del lavoro.

 

D. Analizzando i dati della ricerca, tra le righe, emerge un dato preoccupante: le persone lgbt preferiscono non dichiarare la propria omosessualità per paura di ritorsioni e discriminazioni, concorda con questa analisi?
R. Assolutamente sì. Emerge però anche un altro fattore, ovvero che la larghissima maggioranza delle persone invisibili temono ritorsioni per via della loro presunta omosessualità. Questo è un aspetto che non va sottovalutato. Le campagne per la visibilità nei luoghi di lavoro hanno un significato profondo, perché stimolano le lavoratrici e i lavoratori ad essere “cittadine/i” al 100% sul posto di lavoro. Molte denunce ci arrivano troppo tardi, quando la situazione è degenerata: se ci fosse più consapevolezza dei propri diritti da parte di chi subisce una discriminazione anche il nostro lavoro di sindacato sarebbe più efficace e più semplice.

 

D. Nella comunità Lgbt, le persone trans risultano le più discriminate, questo dato emerge anche dalla casistica di Cgil?
R. Sì, purtroppo è tragicamente così. Il pregiudizio infondatissimo basato sull’equazione trans uguale prostituta (basta guardare i dati del SAIFIP -Servizio per l’adeguamento tra identità fisica e identità psichica- per smentire questo assurdo paradigma) causa gravi danni alle persone trans anche nel mondo del lavoro. L’ignoranza e il pregiudizio sono il nemico principale nell’affermazione lavorativa delle persone trans.

 

D. In questi anni Cgil ha realizzato ricerche sulla situazione delle persone lgbt nel mondo del lavoro? Quali dati sono emersi?
R. Purtroppo non sono state svolte ricerche specifiche nell’ambito delle discriminazioni per orientamento sessuale. Una ricerca della FIOM realizzata nel 2008 rivolta a centomila lavoratrici e lavoratori metalmeccanici riporta che il 2.5% degli intervistati ha subito discriminazioni legate all’orientamento sessuale negli ultimi 12 mesi. Questa risulta essere il terzo motivo di discriminazione dopo il genere e l’età.

 

D. Dalle rilevazioni Cgil quali sono i settori dove la discriminazione è più forte?
R. Dalla nostra esperienza emerge che le discriminazioni sono più presenti in settori come il commercio e i servizi. In realtà più che per settore dalla nostra esperienza è opportuno ragionare per qualità del lavoro: chi svolge un lavoro precario, con meno garanzie e meno protezione è più soggetto agli abusi. In tal senso possiamo dire che è sicuramente più facile essere visibili e non temere ritorsioni in un’azienda dove si è protetti dall’art. 18 che in un’azienda dove si ha un contratto precario, dove il rischio di essere discriminati e di non potere difendersi è altissimo.

 

D. Quali misure occorre adottare per combattere la discriminazione sul lavoro per le persone Lgbt?
R. A nostro avviso per combattere la discriminazione è indispensabile attuare tre punti:
1. Rivedere la legislazione nazionale. Il disegno di legge in materia che recepisce le normative europee è assolutamente inefficace. le discriminazioni devono essere punite con sanzioni serie per chi se ne rende responsabile. Questo Paese non può più permettersi di trattare le persone lgbt come persone di serie B: vanno garantiti gli stessi diritti delle persone eterosessuali in materia di diritti civili (adozioni, matrimonio etc.)
2. Il sindacato deve contrattare nei CCNL (Contratto collettivo nazionale di lavoro) la materia e garantire protezione dalle discriminazioni con apposite norme.
3. Bisogna lanciare una grande campagna per la visibilità dei lavoratori nei luoghi di lavoro insieme all’associazionismo e al sindacato. 
M. Z.
(novembre 2011)