Waadi, un simbolo... Ma di cosa?
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- Pubblicato Venerdì, 12 Luglio 2013 19:18
E' facilitare alimentare l'odio strumentalizzando una storia semplice, forse dovremmo recuperare un po' di umanità.
La storia è semplice nella sua tragicità: un bambino di cinque anni lancia un sasso contro un uomo, intervengono dei militari e lo arrestano. Se a questa cronaca io non aggiungo altro alcuni, ascoltandola, si schiereranno subito in difesa del piccolo mentre altri, citando i principi “sacri” dell'educazione, giustificheranno l'operato dei militari.
Ma se arricchiamo la storia di particolari: si tratta di un bambino palestinese che ha lanciato un sasso contro un colono israeliano, allora -ne sono sicura- si creeranno nel giudizio immediatamente due fronti opposti, persone che senza alcuna libertà di pensiero si schiereranno in favore della “parte” palestinese o di quella israeliana, dimenticando circostanze, protagonisti, ecc..
E se il bambino fosse stato un Rom (quelli che si additano come “zingari)? oppure un bambino migrante, di quelli che arrivano sulle nostre coste su barconi di fortuna? Se quel bambino fosse stato un bambino rumeno e il colpito fosse stato un deputato della nostra sgangherata Repubblica, e a intervenire fosse stato il nostro esercito?
I partiti dei giudicanti si sarebbe ulteriormente sfrangiato o...? O cosa?
Un mio conoscente -persona onesta, serio lavoratore e cattolico praticante- non esitò in diverse occasioni a manifestarmi il suo livore nei confronti di quella etnia che lui chiamava (con tono di disprezzo) zingari... E per sua stessa ammissione, non avrebbe avuto dubbi a cacciarli dall'Italia.
Quest'ammissione era, ovviamente, accompagnata da una fiorita collezione di epiteti per quella particolare genia di persone.
Una mia amica, a questo punto, non esiterebbe a citare un passo della Bibbia: antico o nuovo testamento, versione greca o originale aramaico, versione di Diodati o... fa lo stesso. Il Libro è costellato di narrazioni, parabole e metafore che descrivono questa piaga dell'essere umano.
Io citerò quella che abbiamo in mente tutti che parla di un uomo che vedeva la pagliuzza nell'occhio del compagno e non si accorgeva della trave che giaceva nella sua pupilla.
Perché il problema di noi esseri umani è tutto qui, anzi potremmo dire: è “solo” questo.
A parole siamo tutti bravi, a giudicare ciò che accade a un altro idem, ma poi, quando il sasso lo tirano in faccia a nostra moglie...
Ma non è questa alla fin fine la ragione oggi del mio scrivere, no. Io condanno i militari israeliani, ma è ovvio, a me viene facile... Con i militari ho il dente avvelenato dall'infanzia :) …
Il bambino dovrebbe vivere in un clima differente per pretendere da lui atteggiamenti consoni a un bambino, minor violenza, meno aggressività. Ma Waadi vive là, e quindi le ipotesi per assurdo non servono.
Quello che a me indigna, in realtà, e che mi spinge a scrivere queste poche righe, sono le sentenze e i giudizi fioccati un po' dovunque; dalla prima pagina de La Repubblica, a firma Adriano Sofri, alle decine di Post che mi è capitato di leggere girellando sul Web.
L'odio si alimenta con il giudizio gratuito, con i farisei che popolano non solo i luoghi di culto, ma ognidove di questo pezzetto di mondo. Oggi la strumentalizzazione si è operata con il piccolo Waadi, ieri con gli insulti razzisti alla Ministra Cécile Kyenge e domani?
Temo gli editorialisti, tempo coloro che ascoltano la voce di questa civiltà in declino solo per cogliere uno spunto, una nota da usare per scriverne, per coinvolgere coscienze e alimentare l'odio tra esseri della stessa specie. Quando la strumentalizzazione non passa per i massacri di animali impotenti.
E l'effetto ultimo qual è poi?
Ci facciamo l'abitudine.
Sia alle violenze che alla loro strumentalizzazione. Lo spreco di sostantivi e di aggettivi, tutto quell'esercizio di retorica, ha l'effetto di allontanarci dalla realtà, dalla nostra naturale empatia.
Amo il tempo in cui vivo, eppure per una cosa mi piacerebbe tornare indietro nel tempo... Vorrei vivere in quel pezzetto di passato nel quale i giornalisti facevano (e sapevano fare) il loro lavoro. Oggi viviamo all'insegna dell'homo homini lupus ma abbiamo il vezzo ipocrita di commuoverci, della lacrima facile e della condanna senza se e senza ma, e tutto ciò alimentato da un giornalismo facile, di mestiere, che utilizzando e strumentalizzando la realtà ci condanna a reagire e ad agire lontani anni luce da quel briciolo di umanità che forse ancor conserviamo in un angolo oscuro di noi stessi.
Flaminia P. Mancinelli