Mario Mieli trent’anni dopo

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Il saggio curato da Dario Accolla e Andrea Contieri, oltre a consegnarci ricordi di amici e persone che lo hanno incontrato, ci invita a riflettere su questo importante scrittore, artista e attivista del movimento Lgbtqi, ignorato dall’establishment culturale italiano.








 

Chissà cos’avrebbe detto o scritto Mario Mieli commentando la legge buffonata contro l’omofobia e transfobia messa a punto dai nostri politicanti?

Questo è il primo pensiero che mi è venuto in mente guardando la copertina di Mario Mieli trent’anni dopo, il saggio curato da Dario Accolla e Andrea Contieri, con l’introduzione di Franco Buffoni, edito dal Circolo di Cultura Omosessuale che porta il nome dello scrittore e attivista Lgbtqi.


Mario Mieli -morto suicida nel 1983, a trent’anni- è ricordato per le sue apparizioni en travesti, per il suo linguaggio corrosivo, la sua intelligenza analitica e la versatile comunicativa, ed è un vero innovatore, come ben evidenzia, nella prefazione Andrea Maccarrone, presidente dell’associazione romana: «Le sue teorie più che superare, spazzavano via i concetti limite tra i generi, le identità e gli orientamenti sessuali, quelle imposizioni borghesi, etero patriarcali e castranti, di rispettabilità, che come una camicia di forza imprigionavano (e imprigionano) la libera espressione delle vere pulsioni umane, impedendo così il raggiungimento della felicità e la realizzazione di una società autenticamente libera».

Franco Buffoni nell’introduzione disegna la figura poliedrica di Mario Mieli, regalandoci un’immagine più privata. Buffoni racconta le riunioni a Milano, a Porta Romana, a casa di Angelo Lumelli: «…Un porto di mare per anime belle di passaggio col debole della poesia...», donandoci un piccolo inedito dell’artista, un biglietto, scritto in francese sulla carta argentata delle sigarette, che giaceva dimenticato tra le poesie.

Il saggio propone una raccolta di lettere, poesie e l’opera teatrale La mia Justine di Mario Mieli; ed è arricchito da interventi di Milo De Angelis, Francesco Paolo Del Re, Corrado Levi, Francesco Gnerre e Dario Accolla.
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De Angelis ricorda la creatura poetica con i versi scritti a 18 anni, un’anticipazione della sua morte; Del Re evidenzia l’importanza del teatro nel percorso personale e politico di Mieli; Levi pone l’accento sulla scrittura dell’artista e sulla sua linguistica lucida, a partire dal libro Elementi di critica omosessuale.

Francesco Gnerre ripercorre la vita di Mario Mieli, evidenziandone le riflessioni sul movimento gay, scrive Gnerre: «Pressoché misconosciuto in Italia e ignorato dall’establishment culturale, Mario Mieli rimane un personaggio scomodo e non metabolizzato dalla cultura italiana».
Mentre Dario Accolla raccoglie l’eredità di Mario Mieli e la colloca nella militanza odierna, domandandosi: «Cosa rimane della filosofia e dell’esperienza di vita di Mieli, all’attivista di oggi?».

Se conoscete le opere di Mario Mieli, il saggio curato da Accolla e Contieri, vi permetterà di entrare nella sua dimensione più privata; se lo avete sempre e solo sentito nominare, questo libro vi permetterà di scoprire uno dei più importanti attivisti del movimento Lgbtqi italiano.

Mi piace concludere questa breve recensione con una frase di Mario Mieli che trovo molto attuale e che si può declinare per molte realtà italiane: «Quando andavo travestito in metropolitana a Milano, i tacchi a spillo e boa di struzzo, la violenza negli occhi di chi mi stava attorno, era la testimonianza di quanto gli altri invidiassero la mia libertà di cui loro erano privi».                                   
Marinella Zetti